Esercizi spirituali per giovani lavoratori – Rimini, maggio 2012

A maggio ho partecipato agli Esercizi spirituali dei Giovani Lavoratori di Cl in quel di Rimini, con don Eugenio Nembrini si trattava di riflettere su queste parole pronunciate all’ inizio dell’ annata da don Julian Carron:

… la realtà è sempre positiva…

Di sicuro non si arrivava impreparati visto che il tema ci aveva “tormentato” per mesi nelle scuole di comunità (da me, per la verità, quasi sempre bigiate con la scusa del mollusco), ne avevo ormai sentite di cotte e di crude, eppure la comprensione piena rimaneva offuscata da una sottile nebbiolina: come puo’ la Realtà – che contiene anche molto “male” – essere positiva in sé? In essa ci sarà del “positivo” e del “negativo”, quel che possiamo azzardarci ad affermare grazie alla fede è la presenza di un “saldo” a nostro favore, ma possiamo davvero andare oltre?

Certo, si puo’ ripiegare su una spiegazione semplice e diretta: pur essendoci sia il “male” che il “bene”, le due essenze non si limitano a guardarsi poiché, spesso, è proprio dal male che origina il bene; ma questa è una spiegazione che tralascia quell’ avverbio sibillino – “sempre” – che a me sembrava il cuore della faccenda.

Nonostante i grandi “ponzamenti” rivieraschi, nonostante il tonificante silenzio alternato al bordone costante di Mozart, Beethoven e… Chieffo, la nebbiolina, devo ammettere, è rimasta fino al termine della tre-giorni, dopodiché, per non lasciare le cose a penzoloni, ho aderito in fretta e furia alla decodificazione più semplice mollando ogni ulteriore riflessione per gettarmi su 730 e bilanci. Le mie urgenze m’ imponevano di entrare nella trama del Reale anziché meditarla dal punto di vista del tessitore.

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Solo oggi, forse, quella nebbiolina si dirada. Il soccorso imprevisto mi giunge da un’ idea del filosofo Robert Nozick: la “macchina dell’ esperienza”, un oggetto mentale grazie al quale si confutavano le filosofie edoniste e utilitariste, ovvero le filosofie che affermano l’ equivalenza tra “bene” e “piacere”.

Sentite di cosa si tratta: una volta connessi grazie ad alcuni elettrodi impiantati nel cervello a una “macchina dell’ esperienza” opportunamente manovrata da un’ équipe di neuro scienziati, possiamo ricevere da essa ogni sorta di piacere limitandoci a stare in poltrona (per i più facoltosi sono disponibili anche comodissime bare).

La “macchina dell’ esperienza” non esiste nella realtà, ma l’ importante, qui, è che la si possa immaginare, domani, chissà, potrebbe anche esistere qualcosa di analogo, ma tutto cio’ per noi è irrilevante.

Alla cavia dell’ esperimento viene rappresentata vividamente con tanto di particolari proprio questa situazione, dopodiché viene posta la domanda chiave: preferisci connetterti alla macchina per il resto dei tuoi giorni e vivere quindi una vita di piaceri senza fine – nel qual caso firma qui e qui – oppure preferisci rinunciare, uscire da questa stanza e continuare a vivere la tua vita? Perché sei così agitato? Calma, non decidere subito, dormici sopra, prendi tutto il tempo che vuoi, consulta chi vuoi e ripassa al laboratorio con la risposta definitiva, dopodiché procederemo secondo i tuoi desiderata.

Molte persone – addirittura la maggioranza! – hanno optato per la seconda alternativa e sono usciti da stanza e bara, dal che, ammettendo che costoro fossero ben consapevoli della scelta, si traggono alcune considerazioni che si riflettono pesantemente sugli Esercizi Spirituali di Rimini.

Infatti, mentre la vita vissuta nella “bara” attaccati alla macchina è fatta di soli piaceri, la vita reale, come ognuno sa, è fatta di piaceri e di dolori; il che significa che la maggioranza delle persone coinvolte nell’ esperimento ha barattato almeno un “piacere” con un “dolore”.

Bell’ affare!, dirà qualcuno, e lo capisco bene: come puoi mai barattare un piacere in cambio di un dolore? Eppure, ci scommetto, noi tutti comprendiamo la scelta operata della maggioranza, magari qualcuno non la condivide ma la comprende e ne è stato tentato; non solo, una volta che la trattiamo alla stregua di una scelta consapevole, c’ è solo un modo per giustificarla: la realtà, per molti, ha qualcosa di positivo in sé, e questo al di là del fatto che ci propini piacere o dolore.

L’ ultimo passaggio è facile facile: una volta comprese con naturalezza le ragioni della “scelta” della maggioranza, diventa scorrevole anche l’ impervia lezione di Carron.

Bene, ora, finalmente, le parole di Carron risuonano forti e chiare: grazie Carron per l’ insegnamento, grazie Nembrini per averci regalato un prezioso tempo di riflessione in grado di spezzare la frenetica routine, ma soprattutto grazie all’ ateo Robert Nozick, che ha chiarito tutto a tutti, qualsiasi sia la fede di chi medita quelle parole solo all’ apparenza esoteriche ma in realtà così umane.

46 pensieri su “Esercizi spirituali per giovani lavoratori – Rimini, maggio 2012”

  1. Interessante. Anche l’idea stessa dell’esperimento, che tradisce una mentalità. Quella per cui in gioco ci fossero solo scelte che riguardano l’individuo. Al di là dell’ovvio (è ovvio che la realtà abbia qualcosa di positivo in sé!), lo stare in poltrona o nella bara è un’esperienza individualista, che preclude il contatto con gli altri. E chi rinuncerebbe allo stare con i propri compagni di vita, pure in cambio di tutto il piacere del mondo? Credo che se una sola persona accettasse la proposta, sarebbe da consegnare immediatamente ai servizi psichiatrici!

  2. Il fatto è che si puo’ immaginare anche una relazione simulata. L’ unica cosa che non si puo’ similare è l’ autenticità. Qui, più che il valore della relazione, si esalta il valore della realtà in sé. La cosa è tutt’ altro che immediata, almeno per me.

    ***

    A proposito di “relazione”, scusa il fuori tema ma forse ci riallacciamo con la discussione precedente. Chi parla di “persona” mette la “relazione” al centro, quasi che senza relazioni una persona non potrebbe neanche esistere.

    Ora, in un altro blog, stiamo discutendo animatamente sulla pillola del giorno dopo. A quanto ho capito la pdg impedisce l’ annidamento dell’ ovulo fecondato, per chi ritiene l’ ovulo fecondato una persona, la pdg è omicida. Ma c’ è anche chi, in nome della “relazione”, ritiene che sia “persona” solo l’ ovulo annidato e stabilmente in “relazione” con la madre. In questo senso la pdg non è affatto omicida. Eludere l’ argomento degli “annidatori” non è problematico per chi vede le relazioni come importantissime ma pur sempre non costitutive – a meno che si parli della relazione con il buon dio (individualista), altri, volendo difendere l’ ovulo fecondato, sono costretti ad arrampicate ben poco convincenti.

  3. Fatico ad immaginare una relazione simulata con una persona vera. E’ un po’ quello che accade in Matrix, ma le relazioni sono vere in un mondo simulato. Qui invece parliamo di una specie di anestesia oppiacea in cui la persona vive di solo piacere, troncando con tutto quello che ha vissuto prima. Decisamente improponibile, direi, anche a livello di esperimento mentale. Sufficiente per far fallire l’esperimento, a mio parere.

    Sul resto: direi che l’individualismo è quella cosa che mette il singolo ego al centro del mondo. La relazione passa decisamente in secondo piano. E’ l’opposto del comunismo, che pone al centro la collettività e l’individuo sullo sfondo.

    Ovviamente io sto per l’equilibrio tra le due cose. E allora sì che la relazione diventa essenziale. E ovviamente ritengo che questo sia il senso del cristianesimo (non so a quale religione appartenga il dio individualista di cui parli, anche se senz’altro è molto venerato di questi tempi).

    Persona e IVG: chiaramente la persona è un bene indisponibile. L’embrione o l’adulto sono persone (= appartenenti alla specie umana) a tutti gli effetti. E sono anche individui (= persone distinte, individuabili, con caratteristiche uniche). Questo a prescindere dall’aspetto relazionale. Mettere condizioni è arbitrario. Dire che la persona c’è solo quando l’individuo è in relazione con la madre è del tutto arbitrario, e mi pare una stupidata colossale. Chi mai avrebbe l’autorità per stabilire un simile criterio?

    L’RU486 è un caso limite: sappiamo che accade relativamente spesso anche naturalmente che ovuli fecondati non si annidino e periscano. Ma è un evento naturale, tanto quanto naturale è che una persona possa morire. Al di là di questo, l’RU pone una serie di problemi gravi ed ineludibili. Su tutti, il dubbio che resterà per sempre nella madre sul fatto che l’IVG sia avvenuta o meno. Sembra una stupidata, ma basta guardare nei forum per capire come questo tormento sia destinato ad assillare per tutta la vita molte delle madri che l’hanno assunta. E’ un prezzo accettabile? E poi c’è sempre il solito, vecchio problema. Da quale punto possiamo considerare l’embrione una persona? Certamente non dalla nascita come vorrebbe Sartori. Ma essendo lo sviluppo della persona una trasformazione continua e senza salti, che avviene dal concepimento fino alla morte, che senso ha porre una barriera? Questo vale sia in ingresso che in uscita, ovviamente: il testamento biologico è un puro atto criminale.

  4. Qui invece parliamo di una specie di anestesia oppiacea in cui la persona vive di solo piacere, troncando con tutto quello che ha vissuto prima…

    Anestesia oppiacea?

    Matrix puo’ essere un esempio di “mondo simulato”. L’ unica differenza con quello ipotizzato è che nel nostro è assente ogni “negatività”.

    Basta aver provato qualche piacere per immaginarsi facilmente il mondo simulato di cui parlo (tanto è vero che nessuna tra le cavie ha mai detto: “non riesco a immaginarlo”). “Inimmaginabile”, semmai, è ottenere una condizione del genere nel mondo reale.

    E poi, se il mio piacere è favorito dall’ evitare una troncatura con quanto vivevo prima, non ci sarà alcuna troncatura e le relazioni di prima proseguiranno (solo che saranno in forma simulata).

    l’individualismo è quella cosa che mette il singolo ego al centro del mondo

    Errore, mi permetto. E pure assai grave.

    Tu parli di “egoismo”, qualcosa di completamente differente. Diciamo “errore classico”, se non vogliamo dire grave.

    L’ individualismo di cui parliamo è un metodo attraverso cui descrivere il mondo, non centra niente con l’ egoismo, che è una disposizione psicologica.

    In particolare, l’ i. è un metodo che parte dall’ individuo. Se concepisci una coppia come l’ unione di due individui, per esempio, sei un individualista. Se concepisci la relazione come un legame tra due individui, sei un individualista, se invece la concepisci come qualcosa che precede gli individui e li crea, sei un comunitarista. naturalmente un cristiano vede come fondante la relazione dio-uomo, ma questa relazione è esclusa allorché ci si limita a considerare le relazioni tra uomini. Potremmo dire che un individualista (credente) vede come unica relazione fondante quella tra dio e la persona

    ***

    Noi parlavamo di pgd, e non di RU486. Quest’ ultima è senz’ altro abortiva, non ci piove (ma non è che confondi i due farmaci?). Sulla prima ci sono delle questioni di fatto che non riesco a capire. Conosci come funziona? Impedisce l’ annidamento o anche la fecondazione? In questo secondo caso non dovrebbe essere abortiva, neanche per coloro che considerano la fecondazione – e non l’ annidamento – come inizio della gravidanza. Comincio infatti a pensare che la discussione debba spostarsi sul terreno probabilistico e vorrei avere gli elementi necessari per fare dei calcoli di probabilità.

    1. Sì, ho confuso la sigla. La pillola del giorno dopo è diversa, comunque tutto quello che ho scritto si riferiva a quella. E’ un antiannidante, ma la fecondazione può benissimo essere avvenuta prima. Anzi, se non fosse avvenuta non ci sarebbe nemmeno l’annidamento…

      Per il resto: trovo che il confine tra l’individualismo posto in un certo modo (quello del post) e l’egoismo sia labilissimo. Sempre che esista. Come dice la parola stessa, è ovvio che l’individualismo gioca tutte le sue carte sul singolo. Non mi sembra fuorviante asserire che lo pone “al centro del mondo”. Mi pare questa essere una critica non mia alla società contemporanea, fatta di gente chiusa in un guscio e poco propensa a non mettere il proprio interesse di fronte a tutto il resto. Stiamo su quello: tu dici:

      se il mio piacere è favorito dall’ evitare una troncatura con quanto vivevo prima, non ci sarà alcuna troncatura e le relazioni di prima proseguiranno (solo che saranno in forma simulata)

      Ma gli altri che sono in relazione con me continueranno a vivere una loro vita vera (nella quale magari poi sceglieranno di vivere anch’essi nel mondo del piacere, o magari no). Potranno ammalarsi e morire, mentre io vivo la mia realtà virtuale indipendente in cui continueranno a sorridermi. Troverei preoccupante se tu non vedessi il macroscopico egoismo di questa ipotesi.

      Per questo principalmente, prima ancora che per la sete di “vero”, credo che nessuno accetterebbe una simile proposta. A meno che sia un misantropo colossale.

  5. trovo che il confine tra l’individualismo posto in un certo modo (quello del post) e l’egoismo sia labilissimo

    Poiché l’ “individualismo” correttamente inteso è tranquillamente compatibile con un altruismo alla San Francesco, non mi sembra proprio possa dirsi che una visione del genere abbia un confine “labilissimo” con l’ egoismo. Si tratta di cose diverse.

    Questo era per dire che un “individualista” – non essendo necessariamente un egoista – puo’ accettare come puo’ non accettare di “connettersi”, e questo anche nell’ ipotesi che formuli in conclusione.

    ***

    A proposito dell’ ipotesi che formuli in conclusione, osservo: se davvero cio’ che desidero di più  è aiutare il prossimo, la cosa è fattibile anche nella dimensione virtuale. L’ unica differenza tra le due dimensioni riguarda il grado di realtà. Per questo che Carron dice: il reale è positivo in sé.

  6. Attenzione: io non sto parlando di altruismo, di aiutare il prossimo ecc.
    Sto parlando semplicemente di relazioni affettive. Torniamo all’inizio. La domanda è: tu saresti disposto a stare in una poltrona drogato in un’estasi beata per il resto dei tuoi giorni? La risposta è ovviamente no. Passo successivo: perché no? Risposta poco convincente: perché la realtà ha qualcosa di positivo in sé. Risposta molto convincente: perché facendolo mi escluderei dalla vita delle persone a me care (incontrarne delle immagini virtuali non è ovviamente paragonabile, perché significherebbe non sapere nulla di quanto loro stiano realmente vivendo).

    Forse tutto sommato l’argomento “egoismo” è fuorviante: può darsi che ci sia dell’egoismo anche nel voler essere presenti nella vita delle persone care. Senz’altro un’estremizzata impostazione dell’argomento individualista potrebbe invece spingere ad considerare l’ipotesi della droga solipsista come accettabile.

  7. La domanda è: tu saresti disposto a stare in una poltrona drogato in un’estasi beata per il resto dei tuoi giorni? La risposta è ovviamente no. Passo successivo: perché no? Risposta poco convincente: perché la realtà ha qualcosa di positivo in sé. Risposta molto convincente: perché facendolo mi escluderei dalla vita delle persone a me care

    Attenzione: se la cosa a cui tengo di più è “la relazione con le persone a me care”, questa relazione si riproporrebbe e in modo quanto mai appagante e costruttivo, anche nella realtà simulata. In altri termini: si tratta di beni preziosi che la realtà simulata è in grado per definizione di elargirmi. L’ unica differenza sarebbe il grado di realtà dei protagonisti e delle situazioni. non avrebbe nessun senso rifiutarsi di connettersi perché la connessione mi escluderebbe dalle mie relazioni: alle relazioni reali si sostituirebbero relazioni simulate perfettamente identiche nella forma.

    Se il formalismo è corretto – ovvero se 1+1 fa 2 – allora è inutile dubitare che la cosa possa essere vera con le arance ma non con le pere: un’ arancia più un’ arancia fa due arance, una pera più una pera, fa due pere. E così via all’ infinito per qualsiasi cosa si prenda in considerazione. ma forse, per impararlo bene, è opportuno provare con diversi frutti. Dopo un po’ basta, però!

  8. questa relazione si riproporrebbe e in modo quanto mai appagante e costruttivo, nella realtà simulata

    Avevo già prevenuto questa obiezione:

    incontrarne delle immagini virtuali non è ovviamente paragonabile, perché significherebbe non sapere nulla di quanto loro stiano realmente vivendo

    L’impostazione del problema, se non può essere (forse) tacciata di egoismo (perché egoismo può esserci sia accettanto che rifiutando), senz’altro è ineludibilmente tacciabile di egocentrismo.

    La “relazione con le persone a me care” è una relazione bivalente. Come potrebbe mai riproporsi nella realtà virtuale la mia presenza per queste persone, se esse non accettassero di far parte del giochino?

    Facciamo un caso specifico. Il tuo. Ipotizziamo che tu accetti la droga. Magari nella tua immaginazione continueresti a vedere tua figlia, sentendoti appagato. Ma lei? Le alternative sono due: 1) la obblighi a drogarsi; 2) la privi della tua presenza.

    Nell’ipotesi 1) tu sapresti che lei vive con un’immagine di te (se questo fa parte del suo star bene, ovviamente), e magari risolveresti il problema del farla soffrire della tua assenza. Ma non sapresti mai se il suo corpo si ammala e sta male. Certo, in questo modo tu eviteresti di soffrire per il suo malessere, ma ti priveresti della possibilità di intervenire nelle cure. Direi altamente egocentrica come soluzione, no?

  9. incontrarne delle immagini virtuali non è ovviamente paragonabile, perché significherebbe non sapere nulla di quanto loro stiano realmente vivendo

    E perché mai cio’ che chiamiamo Realtà dovrebbe in qualche modo essere più importante di cio’ che chiamiamo Simulazione visto che i due mondi non differiscono in nulla?

    Non differiscono in nulla tranne che per un aspetto: il grado di realtà?

    Ma a queasto punto torniamo alla domanda: forse che la realtà ha un valore in sè?

    Infatti, Carron ci dice che è esattamente per questo: la realtà ha un valore in sé, non ci sono altre risposte possibili al puzzle visto che la “macchina dell’ esperienza2 replica tutto il reale.

    Chi non dà un valore in sè alla realtà potrebbe, per esempio, rimproverare a chi non si “connette” di trascurare i cari che stanno nel mondo simulato: egoisti! Sarebbe solo una specie di davidthegray “rovesciato”, con le stesse ragioni formali del davidthegray “diritto”.

    Basta sostituire a “Reale”, la variabile dimensionale “X” e a “Simulato” la variabile dimensionale “Y” (ovvero due variabili anonime alle quali non puo’ essere attribuito un valore etico in sè) e ti accorgi della specularità ineludibile.

    Ebbene, chi non dà a priori un valore in sé alla realtà, magari è un altruista totale, ma dopo una notte di riflessione riesce agevolmente a rispondere a tutte le obiezioni, dopodiché, il mattino seguente, torna in laboratorio e chiede di connettersi.

    1. Chi non dà un valore in sè alla realtà potrebbe, per esempio, rimproverare a chi non si “connette” di trascurare i cari che stanno nel mondo simulato

      Potrai rinfacciarlo a tua moglie, ma non ad una tua figlia treenne.

      Nel caso in cui invece non avessi alcuna persona non in grado di decidere per sé che rifiutasse di sottoporsi al gioco, e tutte le persone care fossero a loro volta nella stessa condizione, resterebbe un ultimo scoglio da superare: lasciare il noto per l’ignoto. Questo prescinde dal fatto che la realtà sia positiva o negativa (o più sensatamente un mix – per i più equilibrato – tra le due cose).

      Ci sono anche altri aspetti che andrebbero indagati: quanto siamo demiurghi della nostra realtà? Subiamo passivamente una realtà positiva e/o negativa, o siamo in variabile misura artefici della sua positività e negatività? E’ chiaro che più riteniamo forte il nostro potere demiurgico (e io credo che sia notevole!), più risulterà ovvio che trasporremmo nel nostro mondo virtuale le nostre positività e negatività. Un pessimista difficilmente crederà che la negatività che lo investe possa essere assente dal mondo virtuale e – non ritenendo credibile la proposta – non l’accetterà. Un ottimista starà bene nel mondo reale e difficilmente lo baratterà per un’avventura ignota.

      Ultima nota: nella condizione umana, una vita fatta solo di piaceri mette addirittura paura. Come diceva Pontiggia nel suo folgorante commento all’ “e vissero felici e contenti”, è tanto rara l’esperienza della felicità nella vita delle persone (ci sono persone che la felicità non la sperimentano mai nella vita, ed i più la provano per pochissimi istanti) che le fiabe devono subito sminuire quel “felici” aggiungendo quel “contenti”, che lo limita facendone un “accontentarsi”. Saprai bene quanti immaginano il Paradiso come una noia mortale. La felicità senza limiti non riusciamo ad immaginarla, e fatichiamo persino a desiderarla!

  10. … Potrai rinfacciarlo a tua moglie, ma non ad una tua figlia treenne…

    E perché mai? Forse sfugge la radicalità del problema: una mia figlia treenne simulata esiste anche nel mondo simulato. Esiste sia in X che in Y: perché assisterla in X avrebbe più valore che assisterla in Y? Non esiste una risposta valida, che non sia la solita.

    1. Per te. E per lei vera? Tu continueresti ad esserci? Solo se anche lei assume la pillolina blu per entrare nel Matrix. Gliela faresti assumere?

  11. La domanda chiave è: spiegami perché dovrei privilegiare i problemi della bambina reale rispetto a quelli della bambina simulata?

    Sono gli stessi identici problemi e richiedono la stessa dose di altruismo per essere affrontati. Quindi, non è l’ altruismo che fa la differenza (non si puo’ escludere che l’ altruista simuli per avere ancora più occasioni di altruismo).

    Noi privilegiamo la bambina reale perché “esiste realmente”, è la sua realtà e solo quella a fare la differenza. Attenzione: dico che qualcosa è reale se esiste indipendentemente da me.

    Ammettiamo che nella realtà possa aiutare solo 5 persone mentre nella simulazione ne posso aiutare 10. Se fossi semplicemente un altruista puro indifferente al fattore realtà, sceglierei la dimensione simulata per realizzarmi appieno.

  12. Noi privilegiamo la bambina reale perché “esiste realmente”, è la sua realtà e solo quella a fare la differenza … dico che qualcosa è reale se esiste indipendentemente da me.

    Fin qui siamo pura tautologia. “Privilegiamo la realtà perché è reale”. Il passo in più che mi pare fosse richiesto è stabilire che la realtà sia meglio dell’illusione, anche quando l’illusione è tutta positiva mentre la realtà è variegata con parecchi (anzi predominanti) momenti di “non felicità”.

    Il tentativo di Caurron di dimostrare il teorema è questo: se potessimo scegliere di vivere una vita illusoria fatta solo di felicità, non sceglieremmo quella vita ma preferiremmo quella reale, con tutto il suo carico di dolori. E perché dovremmo compiere questa scelta? Risposta: scegliamo il reale perché il reale è migliore. Insomma, il reale è meglio perché è meglio.

    Permettimi di dire che questa risposta presenta molte lacune. Ne ho proposta qualcuna. Se però a te quella risposta convince, buon per te.

    Ora un OT. Sinceramente, in generale su Carron io nutro parecchie riserve. Devo dire che lo conosco poco, ma il poco che conosco mi convince pochissimo. Ho in mente in particolare un documento pieno di castronerie che ha scritto circa la riforma semirestaurativa che è stata compiuta nel rito ambrosiano negli ultimi anni. Ma chi è, cosa vuole e come si permette Carron? Quale arroganza lo spinge a criticare un rito ricco di significati e preziosissimo come il nostro? Possibile che nessun ciellino milanese l’abbia preso a calci nel sedere? Sono parecchio preoccupato dal potere che sta acquisendo CL all’interno della Chiesa. Non ho affatto apprezzato che il nuovo arcivescovo di Milano, pur con tutta la stima per Scola, sia stato praticamente imposto da CL.

  13. Mah, le “lacune” da te proposte non sono molto visibili, tanto è vero che non sei in grado di rispondere alle domande che mettono in luce la loro infondatezza (l’ ultima: “spiegami allora perché dovrei privilegiare i problemi della bambina reale rispetto a quelli della bambina simulata?”).

    Il fatto che descrivi in modo impreciso il problema, spiega molte cose:

    Il passo in più che mi pare fosse richiesto è STABILIRE che la realtà sia meglio dell’illusione, anche quando l’illusione è tutta positiva mentre la realtà è variegata con parecchi (anzi predominanti) momenti di “non felicità”. Il tentativo di Caurron di dimostrare il teorema è questo: se potessimo scegliere di vivere una vita illusoria fatta solo di felicità, non sceglieremmo quella vita ma preferiremmo quella reale, con tutto il suo carico di dolori. E perché dovremmo compiere questa scelta? Risposta: scegliamo il reale perché il reale è migliore. Insomma, il reale è meglio perché è meglio.

    Nulla di tutto cio’, consiglio una rilettura.

    Carron dice “la realtà è positiva in sé”, tu dici “ma che significa? la realtà è anche negativa!”. Lui dice: “vuoi sapere che significa? Fai l’ esperimento di Nozick”; tu: “ok, l’ ho fatto è ho rinunciato a connettermi”. Lui: “bene, se rifletti sulle ragioni della tua rinuncia hai compreso il senso della frase iniziale”. doc’ è la tautologia? Boh.

    ***

    In fondo non fai che ripetere sempre la stessa cosa.

    Noti che l’ altruismo del simulatore è farlocco, mentre quello del “realista” è autentico.

    In altri termini: noti che l’ altruismo della dimensione reale è più importante perché è l’ unico modo per risolvere certi problemi visto che, nelle dimensioni simulate, basterebbe non pensarci e spariscono.

    Noti tutto questo concludendo che ci si realizza solo nella realtà.

    Ma tutto cio’ sarebbe solo un modo per confermare che la realtà è importante in sè.

    Ovvero: non è importante perché favorisce le pratiche altruiste (la dimensione simulata, volendo, ci dà ancora più occasioni per essere altruisti).

    E’ importante perché consente un altruismo “autentico”. Dove autentico sta per “reale”.

    E per l’ altruismo vale quello che vale per tutto il resto:

    … senza realtà esisterebbe l’ altruismo, ma non l’ altruismo reale…

    … senza realtà esisterebbe godimento, ma non godimento reale…

    … senza realtà esisterebbe il piacere, ma non il piacere reale…

    … senza realtà esisterebbe l’ amore, ma non l’ amore reale…

    eccetera.

    Chi si fa bastare l’ altruismo, il godimento, il piacere e l’ amore, simulerà. Ma chi vuole tutto questo nella sua forma reale, non simulerà pagandone il prezzo.

  14. Sì, continuo a ripetermi, è vero. Anche ora ripeterò cose già dette. Il problema è che mi pare che non riesci a capire cosa sto cercando di dire, per cui ogni volta riformulo.

    Ci sono vare risposte alla tua domanda, alcune già date. Ognuna basterebbe in sé per smontare la tautologia di Carron:

    1. Non posso imporre a mia figlia di 3 anni (e ovviamente nemmeno agli altri) di entrare nel Matrix. Per lei io non ci sarei più, quindi non posso farlo.
    2. Aggiungo, anche se si poteva già desumere da quanto ho già chiaramente detto: il mondo reale più fare a meno del mondo virtuale. Non si dà il contrario. Il mondo reale continuerebbe ad esistere. Mia figlia, anche ammesso che le imponga di entrare nel Matrix, continuerebbe ad avere un corpo reale. Se quello si ammala e lei muore, io non lo saprei. Non è così semplice dire “chissenefrega, tanto nel mio Matrix lei continuerebbe a vivere e questo mi basta” come fai tu.
    3. Vivere nella felicità perenne non è condizione immaginabile dalla mente umana, e quindi non è nemmeno una prospettiva allettante
    4. Lasciare anche fosse il peggiore dei mondi possibili per avventurarsi verso l’ignoto è qualcosa che richiede un coraggio che hanno in pochissimi. Diverso sarebbe se gli autori dell’esperimento proponessero un periodo limitato di prova, dopo di che si ponesse la scelta. Sono certo che a questa condizione le adesioni si impennerebbero, perché nell’uomo comunque c’è molto egoismo. Difficilmente comunque accetterebbe il padre di una bambina di 3 anni.

    No, la tautologia “il reale è meglio perché è reale” non sta in piedi logicamente. Anche i tuoi punti finali: l’ “autentico”, lo dici dall’inizio, per l’abitante del Matrix è il mondo di Matrix. L’amore è l’amore di Matrix. Non posso dire “scelgo il reale perché è autentico”. Resterei sempre nella tautologia. Scelgo il reale perché temo che il mondo perfetto sarebbe una noia. Scelgo il reale perché mi sentirei un verme a godere della compagnia dei miei figli virtuali mentre magari nel mondo reale stanno malissimo. Scelgo il reale perché lo conosco, e ho paura di qualcosa che non conosco. Queste sarebbero affermazioni molto più oneste.

  15. Dunque, ricapitoliamo. Cerco di sintetizzare affinché le poche parole che seguono vengano meditate in modo da evitare in seguito obiezioni già morte in partenza.

    L’ obiezione che ritorna è sempre la stessa: “se mi “connetto” distruggo felicità in chi sta intorno a me nel mondo reale”.

    La risposta è facile, e anche qui sempre la stessa: “ma ne crei altrettanta in chi sta intorno a te nel mondo simulato”.

    Se si distrugge felicità per 10 “di qua”, se ne ricrea 10 “di là”. Anzi, perché mai 10? 20, 50, 100… Perché porsi limiti?

    Chi non cambierebbe un 10 per un 100? Solo un pazzo irragionevole.

    A meno che la felicità distrutta “di qua” non sia diversa dalla felicità creata “di là”.

    A meno che Marghe1 abbia qualcosa di speciale rispetto a Marghe2. Purtroppo, formalmente, non esiste alcuna differenza tra le due marghe: la felicità di una compensa l’ infelicità dell’ altra.

    Eppure c’ è chi baratta 100 con 10. La soluzione al “mistero” allora è una sola, e ormai la sappiamo a memoria.

    Adesso che ne abbiamo appena constato l’ irrilevanza, spero non si ricominci daccapo a recriminare sull’ infelicità che crea chi si “connette” per il fatto che non puo’ costringere i suoi cari ad entrare nel Matrix e bla bla bla…

    Un’ ultima cosa: “il reale ha un valore in sé” non è una “tautologia”, è un’ affermazione la cui verità è dimostrata plausibile dall’ esperimento mentale.

    *********************

    I tre motivi da te elencati alla fine per scegliere il reale, forse sono onesti, di sicuro sono irrazionali e la notte di tempo (“prenditi tutto il tempo che credi”) concessa alla cavia aveva lo scopo di eliminare ogni irrazionalità:

    1. Scelgo il reale perché temo che il mondo perfetto sarebbe una noia.

    Un mondo perfetto non è noioso per definizione.

    2. Scelgo il reale perché mi sentirei un verme a godere della compagnia dei miei figli virtuali mentre magari nel mondo reale stanno malissimo

    Sarebbe più logico sentirsi un verme rinunciando a dare 100 ai figli virtuali per dare 10 ai figli reali. A meno che i primi abbiano qualcosa in meno dei secondi. Purtroppo sono esattamente come i secondi, unica differenza: il grado di realtà.

    3. Scelgo il reale perché lo conosco, e ho paura di qualcosa che non conosco.

    Non conosci cosa sia la felicità e la soddisfazione? Aver paura del bene è un controsenso. E’ come se uno avesse paura del Paradiso: evidentemente o sitratta di uno stolto o si tratta di un empio. A meno che non si consideri un sommo bene cio’ di cui parliamo. Ma perché mai non lo si dovrebbe considerare un sommo bene? E qui si torna di nuovo a Carron.

     

    *************

    Per quanto riguarda l’ OT, ho in cantiere un post sulle intercettazioni vaticanleaks che riguardano Carron e la sua opposizione al moralismo dei “cattolici adulti” ambrosiani (Martini, Tettamanzi…), devo dire che tra i due fronti puoi immaginarti per chi simpatizzo, almeno intellettualmente. Purtroppo so poco nello specifico dell’ episodio a cui ti riferisci, spero che si tratti solo di una frustata verso chi vegeta crogiolandosi esclusivamente nei formalismi mentre la chiesa perde progressivamente di vitalità rischiando di morire. 

  16. Anch’io cerco di essere breve, perché sono un po’ stanco di ripetermi.

    L’ obiezione che ritorna è sempre la stessa: “se mi “connetto” distruggo felicità in chi sta intorno a me nel mondo reale”.

    Questa è PARTE dell’obiezione. E non si liquida col semplicismo che usi tu, perché non stiamo parlando di “trasferire l’energia” (ne distruggo un po’ qua, ne creo di là, e siamo a posto). La felicità distrutta vale molto più della felicità creata (anche ammesso che ci sia un’equivalenza tra felicità virtuale e reale). Se metto al mondo un figlio, non posso ammazzare una persona che mi sta sulle balle perché “tanto +1 -1 = 0” e siamo pari.
    Non è accettabile l’idea di trasferire la felicità tra le persone. Se la mia felicità costa la felicità di qualcun altro (la Marghe reale, cosa diversa dalla Marghe che vive nella mia immaginazione), l’operazione non è accettabile.

    Ripeto un’altra obiezione inevasa: come rispondi all’idea dell’esperimento con il tempo di prova? Sarebbe accettabile? O la notte di tempo concessa alla cavia non contempla un periodo di prova? Perché? Paura di mettere in crisi un teorema fondato sulla tautologia?

    Un mondo perfetto non è noioso per definizione.

    Sbagliato. Scelgo il reale perché è reale è una tautologia. Scelgo il reale perché è vario non è una tautologia. Ti ripeto che molta gente si immagina il Paradiso come noioso. Ovviamente per me non è così, ma questo non conta.

    Sarebbe più logico sentirsi un verme rinunciando a dare 100 ai figli virtuali per dare 10 ai figli reali.

    Vale l’obiezione di cui sopra. Se ho due figli, meglio dare 10 ad entrambi che 100 a uno e 0 all’altro.
    Se ho un fliglio solo, meglio non privarlo di tutto quello che ha per dare tutto a qualcuno che deve venire.

    Non conosci cosa sia la felicità e la soddisfazione?

    Forse ti è sfuggito il passo in cui citavo Pontiggia. La felicità perpetua è un’esperienza impossibile da immaginare. La felicità breve è un lusso per pochi.

  17. La felicità distrutta vale molto più della felicità creata

    E perché mai?

    Ci sono forse individui di serie A e individui di serie B? Spero di no, altrimenti bisogna giustificare questo fatto e tu non sei in grado di farlo.

    Purtroppo per te 20 è più alto di 10, e se io tengo seriamente a quel particolare bene che indico come supremo (sia esso un piacere, o una soddisfazione, o la felicità per i miei cari) sceglierò 20 piuttosto che 10. Sceglierò il “di più” piuttosto che il “di meno”. Pena l’ irrazionalità e le contorsioni verbali.

    Poiché dunque la difesa poggia su basi irrazionali, considero confutata l’ obiezione. Ne hai altre?

    Scusa se per ora tralascio il resto (infarcito di irrazionalità come quella per cui un’ imperfezione quale la noia, viene considerata parte di un mondo perfetto, come se un controsenso del genere potesse stare in piedi)  e mi concentro sulla confutazione all’ obiezione principale, altrimenti, mettendo troppa carne al fuoco, da qui a qualche ora mi vedo costretto a ripeterla.

    ******

    p.s. uccidere e dare felicità = +1 e –1. Ma già oggi troviamo giusto togliere ai ricchissimi per dare ai poverissimi. Quindi già oggi accettiamo questa logica (più felicità in cambio di meno felicità). A frenarci non è la logica, in sé valida, ma la nostra ignoranza (come possiamo essere certi che lo scambio convenga) e questioni legate agli incentivi nella produzione della ricchezza. Nell’ esperimento un’ ignoranza del genere non esiste e nemmeno una questione legata agli incentivi.

  18. E perché mai?

    Vedi, forse il mio errore di base è stato dare per scontato questo assioma. Ovviamente se per te infliggere sofferenza a qualcuno per creare la tua felicità è accettabile, e confutare questo è “irrazionale”, cade tutto il discorso. A questo punto ti lascio al Carron di turno.

  19. Ci risiamo: Marghe1 e Marghe2 sono entrambe “altri” da me. L’ unica differenza è che una è simulata, l’ altra è reale. E qui torna la domanda che atterra l’ obiezione: come puo’ essere rilevante una differenza del genere? Anche chi recrimina che nel mondo simulato non potrà bere il dolcetto d’ alba, rispondo che potrà farlo perfettamente, sarà solo un “vino simulato”. Ma che differenza fa? Per tutti la risposta è la stessa. 1+1=2, sia con le arance che con le pere che con le albicocche. Spero tu non voglia provare tutti i “frutti”.

    ***

    Potresti cavartela dicendo che per te è impossibile pensare ad un modo simulato dove i beni a cui più tieni abbondino rispetto al nostro mondo reale.

    Francamente non riuscirei a crederti fino in fondo, penserei a un trucchetto poco trasparente per trarsi d’ impaccio.

    Reazioni più oneste sarebbero le seguenti:

    1. scusa, ma di queste cose, quando poi si tirano in ballo genitori, figli e altri affetti, non riesco proprio a pensare razionalmente, e forse, secondo me, nemmeno è giusto farlo, ha più valore uno slancio passionale a favore della propria famiglia che mille lambiccamenti.

    Oppure:

    2. inizialmente ho dato d’ istinto una risposta sbilanciandomi e ora non trovo più la forza di tirarmi indietro rivedendo le mie posizioni.

    In un certo senso ti frega la tua intelligenza: ti riconosco una prontezza cognitiva non da poco, e siccome lo sai ti butti un po’ precipitosamente, dopodiché, colpevole un certo orgoglio, non riesci più a fare le necessarie retromarce.

    Personalmente, traggo giovamento dalla lentezza: sono tardo, all’ inizio non capisco niente. Devo procedere a tentoni, passettino dopo passettino, la strada conquistata così però è conquistata una volta per tutte, o quasi.

    In più, se devo dirla tutta, non me ne frega molto se un esperimento mentale conferma o disconferma le parole di Carròn. Non è la conferma che mi interessa ma, al limite, la chiarificazione dei concetti.

  20. Ci risiamo (ripeto anch’io). Stai cercando di difendere l’indifendibile e non leggi quello che scrivo. Tutto preso a cercare di dimostrarmi l’equivalenza tra reale e simulato nell’esperimento, non badi alla sostanza, che della differenza del grado di realtà tutto sommato può anche fregarsene.

    Allora, hai una Marghe nel reale. Ti rompi le balle della tua famiglia, vai a vivere su un’isola tropicale con una nuova famiglia. La nuova lei è una ragazza-madre, ha una figlia della stessa età della Marghe, Daisy. Reali entrambe (non è questo l’importante, sono 20 post che lo dico!). La prima Marghe sarà infelice di aver perso il suo papà. Ma chissenefrega, Daisy, che non ha mai avuto un papà ed è tristissima, sarà immensamente più felice per il nuovo papà di quanto sarà triste Marghe per la perdità del suo. O magari anche no. Ma davvero puoi tu mettere le variazioni di felicità altrui sulla bilancia per conseguire la TUA felicità? Ma davvero puoi fregartene di aver generato un’infelicità in un’altra persona, anche se hai prodotto una felicità equivalente o superiore in una terza persona?

  21. Ma davvero puoi fregartene di aver generato un’infelicità in un’altra persona, anche se hai prodotto una felicità equivalente o superiore in una terza persona?

    Ovviamente sì, se parto dalla premessa che sono interessato alla felicità del mio prossimo (in genere).

    Se invece “Marghe” è per me un prossimo privilegiato rispetto a Daisy, la risposta è “no”: la felicità di Marghe viene prima rispetto a quella di Daisy.

    Ma perché Marghe dovrebbe essere privilegiata, mi chiederai?

    Bé, nel caso che fai ci sono diversi motivi: perché è mia figlia naturale, perché è fatta in quel modo unico che a me piace, perché è la figlia anche della persona che amo… eccetera.

    Tutti motivi validi nel confronto tra MARGHE e DAISY ma non disponibili nel confronto tra MARGHE1 e MARGHE2.

  22. Se invece “Marghe” è per me un prossimo privilegiato rispetto a Daisy, la risposta è “no”: la felicità di Marghe viene prima rispetto a quella di Daisy.

    Oh, finalmente cominciamo almeno ad avvicinarci. La tua Marghe reale di fatto la consideri “prossimo privilegiato” (è quanto di dico fin dal primo post), mentre la nuova Marghe (che finché non entri nel matrix non esiste nemmeno) non può certo godere di tale status nel momento in cui ti viene proposta la scelta.

    Noticina trascurabile:
    In realtà, parlando di paragonare un trauma [enorme] quali levare un genitore ad un figlio rispetto alla gioia [non paragonabile al trauma] del dare un genitore nuovo ad un orfano prescinderei comunque dal privilegio o meno, perché solo di questo ci sarebbe da discutere a lungo. Oltretutto nell’esperimento manco si parla di un orfano, ma di una nuova persona “creata” esclusivamente al fine di soddisfare un mio capriccio.
    Fine noticina trascurabile.

    Tutti motivi validi nel confronto tra MARGHE e DAISY ma non disponibili nel confronto tra MARGHE1 e MARGHE2.

    Qui forse scorgo il senso di quello che cerchi di dire, che è anche una delle varie falle del Carron-pensiero (la principale restando quella tautologica). Dato che PER TE la felicità di Marghe1 e quella di Marghe2 sono equivalenti, puoi disporne a tuo piacimento, basta che preservi l’equilibrio “felicistico” complessivo del sistema. Perché questo? Semplice: perché tu osservi il mondo dal tuo buco della serratura. Stai ragionando solo sulla tua felicità personale, e ti erigi indebitamente arbitro di quella altrui: per te la felicità di una persona compensa l’infelicità di un’altra [altra falla del pensiero: non si può misurare oggettivamente la felicità – trascuriamo comunque pure anche questo]. Ma lo stesso potrebbe dirlo Marghe dal suo punto di vista?

    Inoltre se, come dici tuo, per essere “interessato alla felicità del mio prossimo” ricavassi che la massima felicità complessiva del sistema sia l’obiettivo da conseguire a qualunque costo, non potrei che trarre questa conseguenza: un bambino handicappato costa molta felicità al sistema. Lo stermino e saranno tutti più felici.

  23.  

    Stai ragionando solo sulla tua felicità personale

    E perché mai? Al contrario, sto supponendo di essere interessato unicamente alla felicità altrui.

    Precisato questo, francamente, non so bene cosa resti in piedi della tua “costruzione”.

    …Dato che PER TE la felicità di Marghe1 e quella di Marghe2 sono equivalenti… ti erigi indebitamente arbitro di quella altrui…

    Macchè “indepitamente” e “per me”.

    E’ la macchina che garantisce tutto cio’: esiste codesta macchina in grado di simulare il reale e migliorarlo in cio’ che la cavia richiede: ti piace il dolcetto: nella simulazione berrai il migliore. Desideri rendere felici i bambini perché ti interessa la loro felicità: nella simulazione li renderai ancora più felici.

    1+1=2… albicocche, pesche, noci, fichi, manghi… vuoi provare con la papaja?

    ******

    Scusa, ma quale sarebbe “la tua critica alla tautologia di Carròn”?

    Se stiamo commentando un esperimento che ne testa la verità (oltretutto con esito negativo, in molti casi)?

    Ti pare che una tautologia si presti ad essere testata? 

    A proposito, la risposta a questa domanda è un buon test per scoprire chi conosce il significato della parola tautologia.

    Ma questo te l’ ho già detto.

    1. Una tautologia è vera per definizione. Ovviamente bisogna capire che si tratta di tautologia. “preferisco il reale perché è vero” è una tautologia. “il reale è meglio perché lo scelgo” è semplicemente una stupidata.

  24. Una tautologia è vera per definizione

    Allora capirai da te che un’ affermazione testabile con tanto di cavie non puo’ essere tautologica!

    … “il reale è meglio perché lo scelgo” è una stupidata…

    Non è che detto così sia molto chiaro, ma posso immaginare cosa hai in mente e rispondere: “e chi ha mai detto una cosa del genere”?”. Evito di rileggermi i 30 lunghi commenti, un’ imprecisione puo’ scappare, si scrive all’ impronta, ma dopo ripetute precisazioni sarebbe a dir poco pretestuoso attaccarvisi. Al limite è stato detto qualcosa del tipo: privilegio MARGHE1 a MARGHE2 perché MARGHE1 è reale. E’ una tautologia? Ovviamente no (tant’ è che molte cavie privilegiano MARGHE2!).

    Ma forse è in questo passaggio si coglie meglio la svista:

    qui siamo pura tautologia. “Privilegiamo la realtà perché è reale”

    Ma dove la vedi la tautologia?

    Come se dire: “mi piace la ragazza con i capelli rossi per i suoi capelli rossi” fosse una tautologia. No! E’ un’ affermazione testabile, tanto è vero che la “ragazza dai capelli rossi” avrebbe potuto piacermi “per i suoi occhi azzurri”.

    ************************

    Piccola richiesta: ti chiedo di esporre le tue obiezioni una alla volta – se ne hai ancora -, magari brevemente, in modo che i post siano brevi e abbiano un unico oggetto preciso. In questo modo possiamo sviscerarla a fondo, prima di passare ad altro. La discussione sarebbe più ordinata e le ripetizioni meno giustificate.

    Mettere troppa carne al fuoco mi suona elusivo, un modo per alzare polveroni: uno pensa “in tutta sta roba qualcosa di buono ci sarà”, e invece, magari, sta sommando solo degli zeri.

  25. Non posso mettere le obiezioni una alla volta. Siamo mica bambini dell’asilo che non sono in grado di svolgere un ragionamento complesso e devono procedere per gradi elementari! Sono tutte lì chiare, numerate, e ogni volta che ci penso me ne escono di nuove. Inutile ripeterle per la decima volta, stanno ancora tutte in piedi. A partire dalla prima.

    Stando solo all’ultima cosa che hai scritto: Marghe2 (o Daisy nel reale alternativo), anche ipotizzando un piano immaginario completamente alternativo alla realtà (e così – come ho già detto! – non è, poiché il reale continua ad esistere: anche se io mi trasferisco nel mio mondo virtuale, il mio corpo – e quello di Marghe – continuano ad esistere nel mondo reale) non è la stessa persona di Marghe1. Marghe1 continua ad esistere!!! e certamente suo padre non può ingnorarla dedicandosi a Marghe2. Questa è la prima obiezione, ripetuta 50 volte, e ancora non è stata confutata.

    Sai, l’altra sera ho fatto anch’io l’ “esperimento” (e ci vuole MOLTO coraggio per definirlo tale e ricavarne conclusioni). Ho chiesto a Giusy ed ad Isabella (un’amica anche di Sara) cosa avrebbero scelto. Non hanno esitato mezzo secondo: il reale! Ovviamente!

    La gente reagisce di impulso ad una simile richiesta, ed entrano in gioco tutti i fattori che ho detto (figli, paura dell’ignoto, e – pensa te!, la prima cosa che mi ha tirato fuori Isabella è stata… la noia!). Poi c’è la faccenda della soddisfazione: tutti ci lamentiamo, tutti non siamo mai soddisfatti e vorremmo sempre andare al traguardo successivo (è la natura umana), ma poi, se ci pensiamo, ci accorgiamo che stiamo più che bene. Perché cambiare e tuffarci verso l’ignoto?

    Allora, cosa vuoi ricavarne? Certo che se invece lasciassi alla gente il periodo di prova…

  26. Vedo ora questa parte:

    Come se dire: “mi piace la ragazza con i capelli rossi per i suoi capelli rossi” fosse una tautologia. No! E’ un’ affermazione testabile, tanto è vero che la “ragazza dai capelli rossi” avrebbe potuto piacermi “per i suoi occhi azzurri”.

    Bene, qui rendi chiaro il motivo per cui non capisci la mia obiezione.
    “mi piace la ragazza con i capelli rossi per i suoi capelli rossi” non è una tautologia, è l’affermazione di una verità soggettiva indiscutibile.

    Carron ci propone un passo in più, che effettivamente non è una tautologia, ma è semplicemente un’assurdità. Questo:
    “alla maggior parte della gente piacciono le ragazze con i capelli rossi per molti motivi (che, se guardo bene, vanno ben al di là dei capelli rossi)” (affermazione vera)
    ->
    “le ragazze con i capelli rossi sono migliori delle altre perché se chiedo a tutti quelli che per tutta la vita hanno incontrato solo ragazze rosse (al massimo hanno avuto un’avventura di una notte con una bionda) se sono disposti a sposare una sconosciuta bionda senza possibilità di divorzio mi rispondono di no”

    Ti pare che un simile “esperimento mentate” ci dica veramente qualcosa sulle rosse e sulle bionde?

  27. Trovo essenziale l’ analisi delle obiezioni una alla volta (magari numerate). Ti prego di rispettare questa regola: “semplificare”, in questo caso, è un pregio, non un difetto.

    OBIEZIONE 1

    … Marghe2… non è la stessa persona di Marghe1. Marghe1 continua ad esistere!!! e certamente suo padre non può ignorarla dedicandosi a Marghe2…

    CONFUTAZIONE

    Prima di giungere a conclusioni affrettate ricordiamo solo che anche Marghe2 è sua figlia.

    Capisco benissimo cosa intendi dire, ma la scelta razionale del padre dipenderà dai suoi gusti.

    Se desidererà massimizzare la felicità dei suoi figli in generale, opterà per connettersi: in virtù della macchina che abbiamo a disposizione, infatti, l’ infelicità di MARGHE1 è più che compensata dalla felicità di MARGHE 2. Scegliere MARGHE2, dunque, massimizza la felicità dei figli in generale.

    Se invece desidererà unicamente massimizzare la felicità dei suoi figli reali, eviterà di connettersi per ovvi motivi.

    **********

    Hai ragione a dire che la gente reagisce di impulso. Il fatto è che la scelta emotiva invalida l’ esperimento.

    In altri termini: potrei concludere che Giusy e Isabella hanno scelto in quel modo perché emotivamente condizionate e non perché danno un valore alla “realtà in sé”.

    Bisognerebbe chiedere alle cavie  di prendersi una settimana ed elaborare una risposta razionale.

    Un modo per togliere validità all’ esperimento consiste nel dire che in queste materie la scelta delle cavie è sempre irrazionale.

    1. Infatti, poi ragionandoci con calma sono uscite le stesse obiezioni che ho fatto io (ovviamente, ragionandoci la noia si scarta, perché è puramente una reazione “d’impulso”).

      Prima di giungere a conclusioni affrettate ricordiamo solo che anche Marghe2 è sua figlia.
      Capisco benissimo cosa intendi dire, ma la scelta razionale del padre dipenderà dai suoi gusti.

      Questione già affrontata. Nessun padre degno anche minimamente di questo nome sacrificherà completamente uno dei suoi figli per dedicarsi ad un altro. Non è questione di gusti. Ripeto, infelicità e felicità non si compensano spesso nemmeno sulla stessa persona, se persate da un terzo. Figurarsi se la crescita di felicità di una persona compensa l’infelicità di un’altra! Pensi che Marghe1 si consolerebbe pensando “ma tanto mio papà si dedica ad una mia sorella cui si dedica totalmente”?

  28. Nessun padre degno anche minimamente di questo nome sacrificherà completamente uno dei suoi figli per dedicarsi ad un altro

    Se costretto alla scelta – prendere o lasciare (come in questo caso) – lo farà necessariamente.

    Il padre sceglie ma non sceglie se scegliere, visto che viene posto di fronte a un “dilemma”.

    Una volta che la scelta è obbligata, il problema si sposta sui criteri più opportuni per compierla. E’ qui che entrano in gioco gusti e valori del soggetto in questione.

    *************************

    L’ argomento sulla “trasferibilità”, è altra cosa. Meriterebbe di essere sviscerato in un commento a parte. Se ti preme formula un’ obiezione che ritieni credibile, lo faccio volentieri.

    1. Della trasferibilità ho già parlato sopra più che a sufficienza, direi.

      Se costretto alla scelta – prendere o lasciare (come in questo caso) – lo farà necessariamente.

      Strano padre. E sì che il senso dell’obiezione che faccio dall’inizio sta tutto qui. Possibile che solo ora dai una risposta? Di fatto stai dicendo che la mia obiezione non è valida, perché un padre è disposto a sacrificare sua figlia per imbarcarsi nella nuova avventura. Io affermo che un padre non lo farebbe mai, e questo è sufficiente a farci privilegiare il reale, non perché sia migliore in sé, ma perché ci siamo troppo legati.

  29. non capisco se sul punto hai un’ obiezione che ritieni fondata, in caso affermativo cerca di formularla (e numerarla). Per esempio:

    … non riesco a concepire una situazione in cui un padre debba scegliere tra i suoi figli chi privilegiare, quindi l’ esperimento è per me inconcepibile…

    In realtà, da quel che mi sembra di capire leggendoti su questo punto, tu non stai formulando alcuna obiezioni, stai solo dicendo che privilegi alcuni figli su altri (senza spiegare il perché). Altri, però, hanno compiuto scelte diverse.

    Ma forse ho capito male.

    p.s.: puoi anche formulare l’ obiezione del “sono troppo legato”; l’ importante è formulare un’ obiezione alla volta al fine di preservare il bene più prezioso: evitare i polveroni e fare ordine. In questo modo tocca ripetersi? A chi lo dici!

  30. No, scusa, se vuoi fare una discussione, accetti il modo di interloquire del tuo interlocutore. Se non ti sta bene quello che scrivo, rispondi in tema e non appigliarti al “non stai formulando obiezioni”, “esponile con ordine”, ecc., perché è dall’inizio che le espongo, sono sempre le stesse, sono chiarissime e rispondi vagheggiando.

    Comunque, riespongo per la 27ema volta l’obiezione primaria (sulle altre inutile proseguire, restano qui sopra), cercando di formularla a livello I elementare e numerandola.


    1) Un padre degno di tale nome non abbandonerebbe completamente a se stesso un figlio che ha già per dedicarsi completamente ad un figlio da creare da zero.

    Fine dell’obiezione. E’ chiara abbastanza posta così?

    Il privilegi alcuni figli su altri (senza spiegare il perché) è un’assurdità, perché semmai sarebbe chi accetta il contratto a privilegiare il figlio immaginario rispetto a quello reale abbandonato. Chi non accetta il contratto, non privilegia nessuno perché il figlio immaginario non esiste ancora.

  31. OBIEZIONE 2:

    …Un padre degno di tale nome non abbandonerebbe completamente a se stesso un figlio che ha già per dedicarsi completamente ad un figlio da creare da zero…

    CONFUTAZIONE:

    In realtà, qui, tu non critichi l’ esperimento ma ti sottoponi ad esso compiendo la tua scelta (senza giustificarla). Nessuna obiezione, solo una scelta personale.

    Dici: scelgo Marghe1. Ragione (tautologica): mica sono un padre degenere che prende decisioni sbagliate.

    Altri optano diversamente e dicono: scelgo Marghe2. Ragione: voglio creare la massima felicità per i miei figli.

    Per questo prima rimarcavo che “non obietti ma ti limiti a compiere una scelta senza giustificarla”.

    ****

    Naturalmente, una ragione non tautologica per giustificare la tua scelta, esiste e è anche semplice: “i figli reali valgono più dei figli immaginari, almeno per me”. Ma tu non puoi compierla perché si capisce che basterebbero un paio di passaggi logici per finire dritti dritti nelle braccia di Carròn.

    p.s. il figlio immaginario non esisterà mai nella realtà, visto che è immaginario.

  32. Ti confondi. Prima confusione, questa obiezione è ancora la prima della lunga serie (ti asseconderò ed affronterò le altre quando avremo superato la prima, sempre che accada mai).

    Seconda confusione: Marghe2, nel momento in cui viene proposto l’esperimento, non esiste. L’hai tirata fuori tu per crearti un alibi per passare nell’altro mondo, distruggendo felicità in questo, senza pagare pegno. Nulla in verità ti garantisce che ci sarà mai una Marghe2: può darsi che la tua felicità immaginaria consista solo in proiezioni di luci astratte, che ne sai ora?

    La scelta NON E’ AFFATTO tra una Marghe1 (reale) ed una Marghe2 (immaginaria), ma tra Marghe (esistente ed unica) e una Marghe2 (potenziale, ma non ancora esistente, in nessun piano di realtà). Forse la tua difficoltà sta nel confondere immaginario (esistente nella mia immaginazione) ed irreale (non esistente).
    Il tuo “p.s.” lo dice chiaramente: non riesci a distinguere i due piani. Infatti è ovvio che Marghe2 non esisterà mai nella realtà, ma questo non significa che Marghe2 non esisterà tout court, altrimenti non avrebbe nemmeno senso l’alternativa che proponi tra Marghe1 e Marghe2. L’esistere di cui stiamo parlando è filosoficamente l'”essere”, non è un attributo del reale inteso come mondo tangibile. Nel tuo mondo immaginario Marghe2 potrà esserci, e per te sarà reale. E non puoi certo cavartela (prevengo l’espediente) dicendo che nella tua immaginazione Marghe2 c’è già, anche senza aver assunto la pillolina. Perché tu ora immagini soltanto che ci sarà, non che ci sia già una Marghe2 reale. Ti troveresti a distruggere una felicità esistente (di un’altra persona) per forse in futuro crearne una potenziale (comunque, e questo è secondario, esclusivamente tua, e di altre entità proiettate comunque dalla tua mente, quindi sempre tua – di qui l’accenno all’egoismo che facevo in cima). Nessuna persona sana di mente accetterebbe una simile prospettiva.

    NB: io sto solo al giochino proposto dall’esperimento. Sto coerentemente alle sue regole per dimostrare che è un esperimento che non dimostra niente.

  33. Provo a fare il punto della situazione.

    TESI (Carron):
    La realtà è sempre positiva, anche quando contiene del male.

    DIMOSTRAZIONE:
    In un esperimento in cui viene proposto di uscire da questa realtà per trasferirsi in una realtà dove sia escluso il male, la maggioranza delle persone rifiuta.

    CONFUTAZIONE (mia):
    Ci sono molte ragioni per cui la maggioranza della gente rifiuta di uscire da questa realtà per trasferirsi in un altra, senza che questo implichi che questa realtà sia migliore dell’altra, e tanto meno che questa realtà sia sempre positiva.
    Esempi:
    1) Il legame con altre persone, che verrebbe scisso (questa ragione è primaria ed insormontabile).
    2) Il trasferimento avverrebbe senza un periodo di prova e sarebbe irreversibile. Per un fedele, equivarrebbe alla prospettiva di morire e trovarsi in Paradiso. Nessuna persona, per quanto la sua fede sia forte, auspica di morire per trovarsi subito al cospetto di Dio: la paura dell’ignoto è normale e tanto più forte quanto più alto è il grado di irreversibilità della scelta.

    CONTRO-CONFUTAZIONE AD 1) (tua)
    Nella realtà tutta positiva si incontreranno altre persone, che potrebbero essere le proiezioni immaginarie delle persone che conosciamo qui, solo che anch’esse sarebbero completamente prive di dolore e di negatività. Quindi la felicità complessiva sarebbe accresciuta.

    CONTRO-CONTRO-CONFUTAZIONE AD 1) (mia)
    Può darsi che sia così, ma le persone nella realtà continuerebbero sicuramente ad esistere, e sarebbero caricate della sofferenza per la morte virtuale della persona che accettasse il trasferimento. La sofferenza di queste persone non sarebbe certamente compensata dalla maggior felicità della singola persona che accettasse di sottoporsi al trasferimento, la quale – a sua volta – non avrebbe più cognizione dello stato effettivo di salute delle altre persone care nella realtà (anche ammettendo che a loro volta accettassero di sottoporsi all’esperimento). Un disinteressamento di questo tipo sarebbe inaccettabile per qualunque persona dotata minimamente di cervello.

    —-

    Non è umano disinteressarsi dello stato di salute, ad esempio, di un figlio. Un comportamento equivalente sarebbe per esempio abbandonare un figlio in un ospedale, nel momento in cui si ammalasse, dimenticandosene completamente. In questo modo la felicità del genitore sarebbe indubbiamente maggiore.

    Un esperimento mentale equivalente a quello di Carron, e direi più sensato, sarebbe questo: ipotizziamo che un figlio si ammali incurabilmente e muoia dopo lunghi patimenti. Si fa una proposta al genitore: saresti disposto a farti rimuovere (per esempio da un bravo ipnotizzatore) tutti i ricordi relativi a quel figlio, in modo da eliminare la sofferenza di cui sarai inevitabilmente caricato per tutto il resto dei tuoi giorni?
    Credo che nessuno accetterebbe di farsi rimuovere dal cervello questi ricordi. Questo implica che la realtà sia sempre positiva? Non direi. Come si può definire positiva la perdita di un figlio? Le implicazioni di questo esperimento sono altre: l’uomo è disposto ad accettare la sofferenza, che dalla caduta di Adamo fa parte della sua natura, in nome di qualcosa di molto grande, molto più grande dell’effimera felicità dell’istante.
    Questa è una prospettiva che ritengo essenzialmente aderente al messaggio cristiano, mentre ritengo il pervicace attaccamento alla materia – al punto di cercare espedienti per affermare l’assenza di negatività nell’esperienza della realtà materiale – qualcosa di totalmente pagano.

  34. OBIEZIONE 3

    Marghe2, nel momento in cui viene proposto l’esperimento, non esiste

    CONFUTAZIONE

    Esiste eccome: esiste in potenza, e, per quanto riguarda tutte le altre caratteristiche, le condivide con Marghe1.

    Figli reali e figli simulati.

    Figli reali e figli immaginari.

    Figli reali e figli potenziali.

    Tutti figli che in qualche modo esistono (in potenza, nel simulatore, nella realtà, nell’ immaginazione…).

    Mi spieghi perché dovresti anteporre i primi ai secondi quando l’ unica differenza apprezzabile che li divide riguarda unicamente il loro grado di realtà?

    Finché non dai una ragione valida (e alternativa a quella che vorresti evitare) sarà un gioco da ragazzi rimbalzare questo genere di obiezioni.

    Perché MARGHE2 (che esiste in potenza) dovrebbe soccombere a MARGHE1 (che esiste in realtà) pur essendo perfettamente uguale a lei per tutto il resto? La sua felicità è nelle tue mani, esattamente come quella di Marghe1: gliela puoi donare o la puoi abortire e della tua scelta sei chiamato a rispondere (se vuoi).

    Poiché si adombrano equivoci, spendiamo due parole sul ruolo del “simulatore infallibile” in questa storia: serve solo ad assicurare la cavia che il bambino potenziale abbia caratteristiche identiche a quello reale. Se non ci fosse questa garanzia allora sì che chi sceglie, magari perché preda delle tipiche incertezze, potrebbe accampare motivazioni estranee a quella nota.

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    Senza contare – ma questo vale fin dall’ inizio – che basterebbe una piccola modifica ad hoc dell’ esperimento per polverizzare questi pretesti mantenendo inalterate le conclusioni. Un appesantimento non necessario se si discute onestamente.

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    p.s. 1 Per il resto, ovvero la parte sul “reale che non lo è ma mi sembrerà tale se scelgo di…” , non mi sembra stia in piedi senza vistose impalcature; ma forse ho equivocato. Se ti dovesse sembrare ancora un argomento sostenibile, formula pure l’ obiezione 4, magari su due tersi righi 😉

    p.s. 2 Ho visto il tuo riassunto ma al momento non l’ ho ancora letto. Da tutta la discussione ho imparato una cosa: è vitale affrontare un argomento alla volta, meglio se l’ argomento sta su due righi.

     

     

  35. Esiste eccome: esiste in potenza

    Forse scrivo troppo e non ti prendi la briga di leggere tutto. L’obiezione era già stata prevenuta (“E non puoi certo cavartela (prevengo l’espediente) dicendo che nella tua immaginazione Marghe2 c’è già…”).

    Anch’io sono un astronauta in potenza. Ci vediamo sulla Luna.

    P.S.: L’obiezione che stai affrontando è sempre la OBIEZIONE 1.

  36. In effetti si scrive un po’ troppo e a volte rischia di sfuggire il “nocciolo”. Io mi limiterei ai noccioli (magari numerati).

    OBIEZIONE 4:

    … una bambina che esiste in potenza non esiste…

    CONFUTAZIONE

    E’  come dire che un cavallo baio non è un cavallo. E scusate se rubo le parole a Sant’ Anselmo.

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    Tra prevedere già la confutazione che si riceverà e respingerla c’ è una certa differenza. Se ti sei auto-confutato, cosa devo dire, lo ritengo un buon passo in avanti.

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    P.S. 1 Ripeto solo un concetto: ricordiamoci che stiamo facendo accademia.

    Basterebbe riformulare l’ esperimento in modo da togliere di mezzo gli elementi che risultano più ostici a chi obietta e si vedrà che le conclusioni non mutano. Metti, per esempio, che aprendo la porta del laboratorio, tu, cavia, ti ritrovi in una “simulazione” rimanendo comunque perfettamente cosciente della condizione in cui ti sei: tua figlia simulata (che sai essere tale) sta lì di fronte a te. Solo a questo punto gli scienziati formulano la loro proposta. Forse che queste condizioni muterebbero la tua scelta? Di sicuro non muterebbero la scelta di molti che preferirebbero tornare dai figli autentici lasciando quelli finti al loro finto destino.

    P.S. 2 Ho letto l’ inizio del tuo riassunto ma devo rettificare un’ imprecisione: quella di Carron non è una tesi, puoi chiamarlo un atto di fede fondato sulla ragione, oppure puoi chiamarlo “valore”. La macchina di Nozick non serve a dimostrare alcunché – altrimenti, in molti casi, sarebbe una disconferma – serve piuttosto a farci capire cosa significa quell’ atto di fede.

  37. Non mi sono auto confutato. Ho prevenuto l’obiezione, perché conosco il tuo modo di ragionare.

    ABC della filosofia: Essere in atto ed essere in potenza non sono la stessa cosa. Altrimenti ci vediamo sulla Luna?

    Divagazione: l’argomento dell’ “essere in potenza” è usato dai pro-choice, che cercano di difendere l’aborto sostenendo che l’embrione è un essere umano solo “in potenza” (Sartori). Essi sostengono (inconfutabilmente!) che se andasse difeso un essere umano anche nel momento in cui è in potenza, dovremmo preservare ogni spermatozoo ed ogni ovulo umani. In realtà l’argomento si smonta in un istante: l’embrione è un essere umano in atto, mentre le singole cellule non fecondate non lo sono. C’è una bella differenza ontologica!

    Scappo che ho il coro.

  38. Ho riletto, almeno in parte, questa discussione e non vedo uscire con sufficiente chiarezza la mia risposta ad una tua obiezione, ci siamo incartati un po’ troppo sulla questione in sè marginale dell”essere/potenza”. Siccome riprendo la cosa dopo tanto tempo faccio un riassunto estremamente liofilizzato del problema che ci ponevamo.

    Un gruppo di scienziati ci convoca e ci promette una vita migliore: “attaccandoci” ad una “machina di Nozick” potremo avere una vita virtuale fatta di soli piaceri. Domanda: perché alcuni di noi rifiutano e se ne tornano a casa continuando a vivere la loro vita “vera” mista di dolori e piaceri? Sembra una decisione inspiegabile quella di barattare dei dolori con dei piaceri.

    Tu hai delle spiegazioni che divergono da quella del post, trascuro quelle a cui ritengo di aver risposto in modo chiaro per concentrarmi su questa: “torno a casa dai miei cari perché non voglio abbandonarli”. Nel mare magnum della discussione è passata un po’ in sordina.

    Non la trovo un’obiezione valida. Nulla ti mancherà dei tuoi cari poiché la macchina di Nozick è per definizione in grado di riprodurre tutti i piaceri che la relazione con loro implica. Non solo: ti evita tutti i dolori che comunque quel genere di rapporto porta necessariamente con sè.

    In secondo luogo, temi forse che i tuoi cari abbandonati da te possano soffrire? Preoccupazione legittima ma irrilevante qui: basta infatti riformulare la domanda degli scienziati ipotizzandola rivolta anche ai tuoi cari (anche loro avranno l’opportunità di “attaccarsi” alla macchina e insieme deciderete il da farsi). Se un’obiezione puo’ essere espulsa modificando leggermente l’esperimento mentale senza alterarlo nella sostanza, cio’ significa che l’obiezione è meramente oziosa.

    Evidentemente, se si rifiuta di attaccarsi è per altri motivi. Per esempio perché per noi la realtà ha un valore specifico (è quello che il post voleva dimostrare). Per esempio, vincere una gara di sci ci dà una gran soddisfazione ma allo stesso tempo vogliamo che la nostra vittoria sia vera e non virtuale! Per questo usciamo da quella stanza e rinunciamo a chi ci offre quelle soddisfazioni nella loro dimensione “virtuale”, anche se il “virtuale” della “macchina di Nozick” è formalmente indistinguibile dal reale.

    1. Non rileggo tutto perché ci vorrebbe troppo tempo. Per quello che riguarda l’ultimo commento, non ho obiezioni: la realtà ha un valore specifico. Lo sa bene l’appassionato di calcio che non può assistere ad una partita. La registrerà, non si informerà del risultato, la guarderà un’ora dopo. Ma il sapere che non la sta guardando in tempo reale è ragione sufficiente per farlo godere di meno. C’è una spiegazione razionale? No. E’ solo il fatto che la realtà vale di più.

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