Una teoria dell’ aborto

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1. Introduzione

Non è facile parlare di aborto, oltre ad essere un argomento delicato in sè, la discussione è continuamente fuorviata da fedi, interessi e ideologie che interferiscono in modo improprio sul ragionamento.  Mi limito a tre esempi per chiarire cosa intendo.

In passato, c’è chi ha messo in luce un collegamento tra calo del crimine e introduzione delle pratiche abortive. Può darsi che le coppie più imprudenti dal punto di vista sessuale siano anche più a rischio per cio’ che riguarda i comportamenti criminali, oppure che un figlio non voluto sviluppi più facilmente certe inclinazioni malsane. Più probabilmente opera una combinazione di questi due fattori. Sebbene la notizia sia rilevante per l’ utilitarista che è in noi, non dovrebbe spostare di molto il giudizio etico che diamo dell’ aborto. Basterebbe riflettere sul fatto che, stilando opportuni protocolli genetici, esistono diversi modi per ottenere una società più linda e progredita, ciononostante seguire una simile via ripugnerebbe anche all’ osservatore più cinico. Evidentemente il tema etico e quello pragmatico sono staccati tra loro ed è opportuno che rimangano tali.

Altro elemento che interferisce disturbato la discussione: il tema femminile. Certe soluzioni al problema etico dell’ aborto potrebbero penalizzare le donne (sono loro a partorire) e questo fatto, sempre sullo sfondo della discussione, finirebbe per inquinare in molti modi la riflessione, pensate solo a come verrebbe turbata la serenità di chi professa un’ ideologia femminista.

Altro esempio di interferenza: la Chiesa Cattolica è da sempre esposta su questo fronte e raggiungere certe conclusioni potrebbe suonare come un attacco al prezioso deposito della fede. Non è così poiché ragione e fede viaggiano pur sempre su binari separati e la pretesa che i due binari procedano appaiati, almeno fino ad un certo punto, va verificata in modo indipendente. Cio’ detto, resta ostico un sereno confronto che coinvolga i cattolici.

Ebbene, qui il mio obbiettivo è di depurare il dibattito da queste indebite interferenze al fine di isolare il mero problema etico. Mi rendo conto che chi non crede nella ragione, troverà a dir poco pretenzioso un simile obiettivo: se togli fedi e ideologia non resta nulla.

Per formulare una teoria completa dell’ aborto bisogna rispondere a due domande: 1) quando inizia la vita umana? e 2) esiste un diritto alla vita per il feto qualora sia riconosciuto come “vita umana”?

Per ognuno dei cruciali quesiti si possono formulare diverse ipotesi che, combinate tra loro, danno origine ad una quarantina di teorie sull’ aborto. Probabilmente, il volenteroso che intende approfondire si forma un’ idea sulla faccenda a seconda di come la sua sensibilità viene investita dal cumulo delle ragioni messe in campo da una parte e dall’ altra: è il peso specifico della massa di argomenti a fare la differenza. Qui di seguito, invece, mi concentrerò su quella che ritengo la teoria più solida tra quelle messe a punto e a come riesce a far fronte alle obiezioni più ficcanti.

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2. Quando inizia la vita umana

Se Giovanni entra nel tele-trasportatore (cabina A) che distrugge il suo corpo ricostruendolo altrove (cabina B) identico, l’ identità di Giovanni si sposta dal vecchio corpo (disintegrato in A) al nuovo (copiato in B)

Quello appena descritto è un caso in cui si comprende bene come non esista necessariamente continuità tra corpo e identità: l’ identità puo’ “saltare” da un corpo all’ altro.

Un caso rarissimo e, al momento, fantascientifico. Oltretutto basterebbe variare di poco il caso prospettato affinché l’ effetto non si produca: se il tele-trasportatore non distruggesse il corpo di Giovanni, l’ identità di Giovanni proseguirebbe in abbinata al suo corpo originale, solo con in aggiunta un gemello perfetto che comincerebbe a vivere in cabina B.

Al momento non mi vengono in mente altre casi di “discontinuità” tra corpo e identità, diciamo pure che sono rarissimi anche ricorrendo all’ immaginazione e che il principio di “continuità” risulta molto solido. La cosa migliore consiste allora nell’ adottare di default la teoria continuista (TC) dell’ identità: la nostra identità – fino a prova contraria – inizia e prosegue in stretta relazione con il nostro corpo.

Chi considera che la vita umana cominci “dalla concezione” lo fa applicando a questi problemi bioetici il principio di continuità: la mia identità sorge quando “inizia” il mio corpo e si sviluppa in continuità con esso.

La TC adotta poi il principio di potenza: in presenza di continuità, cio’ che è in potenza mantiene l’ identità di cio’ che è in essere. Oggi sono esattamente la stessa persona che ero ieri, anche se ho cambiato pettinatura, questo perché la pettinatura di oggi esisteva “in potenza” anche ieri.

Il principio di potenza è vecchio quanto la filosofia, Aristotele lo adottò per neutralizzare i paradossi sul divenire di Parmenide. Il secondo riteneva che  due cose differenti non possono mai essere la stessa cosa e per risolvere i vari assurdi postulava che il cambiamento fosse una mera illusione. Aristotele, con più buon senso, preferì affermare che l’ identità viene conservata allorché, in un processo continuo, si passa dalla potenza all’ attualità.

L’ obiezione più solida al “continuismo” applicato al nostro caso è la seguente: l’ uomo è essenzialmente un essere pensante che sviluppa i suoi desideri nell’ area corticale, finché quest’ area non emerge e non si organizza (25/33 esima settimana dal concepimento), non possiamo dire che l’ essere umano abbia iniziato il suo corso, e questo anche se quella “parte di corpo” emerge e si organizza successivamente in continuità con il corpo dell’ embrione alla data del concepimento.

In questo caso, si noti, sarebbe lecito produrre corpi acefali, magari attraverso clonazione, che forniscano pezzi di ricambio sempre pronti alla bisogna per il clonato. ma non voglio soffermarmi troppo su questo caso poiché molti “corticalisti” sono tranquillamente disposti ad accettare un’ opzione del genere.

Per valutare l’ obiezione “corticalista”, di solito, ci si concentra invece sul caso dell’ uomo in stato comatoso:

… Giovanni giace in coma in un letto di ospedale, le sue funzioni cerebrali sono al momento ko. Fortunatamente, noi sappiamo che si riprenderà, che tornerà a vivere normalmente tra nove mesi. Purtroppo non avrà alcun ricordo della sua vita passata, dovrà riformare da zero le sue esperienze ma potrà farlo con funzioni cerebrali pienamente ristabilite…

Nessuno di noi pensa che sia lecito uccidere Giovanni mentre è in coma, nemmeno il più radicale dei “corticalisti”.

Ma che differenza c’ è tra Giovanni e un feto? Entrambi sono destinati ad acquisire una rete corticale ben funzionante. Entrambi non hanno (o hanno perso per sempre) l’ esperienza di una vita passata.

A questo punto i difensori dell’ “opzione corticale” introducono il concetto filosofico di “desiderio disposizionale” (DD): ci sono desideri che esistono anche a prescindere dalla loro produzione meccanica. In questi casi il funzionamento del cervello è un requisito secondario.

Io voglio una “buona vita” anche se il mio cervello in questo momento non sta affatto lavorando per produrre esplicitamente un simile desiderio. Magari ne sta producendo un altro (desiderio attuale), che consiste nella necessità di consumare al più presto un cappuccino con brioche, ma il desiderio della “buona vita” esiste anche in assenza di attività cerebrale, lo possiamo dare per scontato, aleggia sopra il mio cervello. D’ altro canto è ben difficile immaginare un desiderio del genere in assenza totale di cervello visto che nessuno crede ai fantasmi. Ecco allora cosa differenzia Giovanni dal feto visto che il secondo fino alla 25esima settimana non ha un cervello e quindi nemmeno un DD.

A me la teoria del DD non convince, mi sembra tanto un concetto introdotto ad hoc per distinguere Giovanni dal feto. Al limite potrei accettare come ragionevole l’ inferenza che il cervello di Giovanni, una volta ripristinato, desideri la vita: avendo una vita pregressa fare inferenze statistiche è del tutto lecito. Ma questa inferenza, purtroppo per i “corticalisti”, non basta a differenziare in modo sostanziale Giovanni e il feto: 1) nell’ esempio abbiamo postulato che il nuovo cervello di Giovanni sarà diverso dal vecchio e 2) difficile pensare che anche il cervello futuro del feto sia tale da non desiderare di vivere: è vero, il cervello in questione non ha una vita pregressa ma possiamo pur sempre osservare una quantità praticamente infinita di cervelli simili a lui, l’ inferenza statistica sarebbe anche più attendibile che nel primo caso.

La teoria “dal concepimento“, legata com’ è al solido principio di continuità, mi sembra ancora il candidato più resistente allo scrutinio della ragione.

A questo punto ci sarebbe da dire che esistono almeno 5/6 teorie etichettabili come “dal concepimento” ma per gli scopi limitati che mi propongo in questo spazio non vale la pena di introdurre ulteriori distinguo.

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3. Esiste un diritto alla vita?

Molti pensatori abortisti ammettono tranquillamente che il feto sia una vita umana completa dal concepimento ma negano che esista per lui un solido diritto alla vita.

Anche se un diritto del genere ci sembra fondamentale, non dobbiamo meravigliarci, esistono molti casi in cui noi siamo disposti a negare il diritto alla vita: nel caso della legittima difesa, nel caso della pena di morte, nel caso dello stato di necessità…

In fondo, tutto puo’ essere ricondotto all’ annoso problema ben conosciuto dai moralisti di tutte le epoche: il fine giustifica i mezzi?

La Chiesa Cattolica di solito affronta queste questioni con la teoria del doppio effetto (TDE).

La TDE ci dice che in certi casi il male prodotto dalla nostra azione è accettabile, e in merito veniamo invitati  a distinguere tra meri “mezzi” ed “effetti collaterali prevedibili” (ECP).

Nella teoria della guerra giusta, per esempio, la Chiesa potrebbe autorizzare un bombardamento anche quando si sa con certezza che ci saranno vittime innocenti. La moralità del bombardamento deriva dal fatto che le vittime sono un ECP e non un mero mezzo per ottenere il nostro obiettivo.

[Inutile aggiungere che in casi del genere deve comunque essere rispettata una certa proporzionalità tra fine ultimo benefico e conseguenze malvagie]

Nel caso dell’ aborto esiste invece l’ intenzione diretta di uccidere il feto, per quanto in vista di un fine benefico (la felicità della donna o di altri). In un caso del genere l’ azione malvagia è un mero mezzo e non un ECP. L’ intenzione del male è “diretta” e non “obliqua”.

La TDE è una teoria rispettabile ma soffre di alcune lacune: non è sempre facile distinguere il “mezzo” dall’ ECP.

I detrattori della TDE illustrano in modo vivido le sue debolezze ricorrendo al caso del “famoso violinista”.

Un “famoso violinista” soffre di una grave malattia che lo condurrà presto alla morte se non verrà reperito un soggetto portatore di sangue e midollo compatibili. Costui dovrà poi prestarsi all’ oneroso sacrificio di giacere nel letto con il famoso violinista affinché i medici possano realizzare la difficile operazione di osmosi tra i due soggetti. Gli adepti della Società della Musica, disperati dall’ idea di perdere un genio unico, individuano in Giovanni il soggetto che puo’ salvare il loro beniamino, lo rapiscono nottetempo narcotizzandolo e lo introducono nell’ ospedale connettendolo con perizia al “famoso violinista” per poi darsi alla fuga. Il mattino dopo Giovanni si sveglia schiena a schiena con il “famoso violinista” e carico di flebo, davanti a lui un’ equipe di medici che gli rivolge questo inquietante discorsetto: “stanotte è successa una cosa incresciosa e siamo molto dispiaciuti per lei, la polizia è già al lavoro per rintracciare i responsabili, sta di fatto che non si puo’ tornare indietro e ora la sua condizione è irreversibile. La persona alle sue spalle è un “famoso violinista” che morirà senz’ altro qualora lei decida di alzarsi dal letto per tornarsene a casa. Per salvarlo da morte certa lei deve restare dove si trova ora per almeno nove mesi (o nove anni). Sta ora alla vostra coscienza decidere, se opta per salvare la vita al “violinista famoso”, tanto di cappello, se invece preferisce tornare dalla sua famiglia, noi, francamente, non riusciamo a biasimarla. Decida in piena libertà”. Non c’ è che dire, ora Giovanni ha davanti un bel problema etico.

Di solito la nostra posizione più naturale è vicina a quella dei medici: ammiriamo Giovanni qualora si presti a sacrificare nove mesi (o nove anni) della sua vita per salvare il “famoso violinista”. D’ altro canto, non riusciamo del tutto a condannarlo qualora stacchi i cavi per tornare alla sua vita e alla sua famiglia.

In assenza di condanna esplicita ammettiamo che non esista un dovere etico a restare in quel letto per nove mesi (o nove anni), eppure la TDE sembrerebbe postulare un simile dovere: staccare i cavi alzandosi dal letto è un omicidio diretto, un mezzo attraverso cui riprendo possesso della mia legittima libertà.

Perché la TDE sembra valere per il feto ma non per il “famoso violinista”?

Ciascuno vede delle disanalogie tra il caso del violinista e quelle del feto abbondano, il problema è se ne esistano di rilevanti.

Innanzitutto, i feti non piovono dal cielo come gli Amici della Musica che irrompono inattesi nella casa dell’ incolpevole Giovanni. Questa osservazione potrebbe essere rilevante circa le responsabilità contrattuali dei genitori.

Cio’ detto, si puo’ sempre rispondere che la coppia imprudente, per il solo fatto essere tale, non si fa carico di alcun impegno verso un soggetto che al momento della loro imprudenza nemmeno esiste. Come si fa ad impegnarsi verso chi non c’ è? Per quanto un contratto possa essere implicito, devono per lo meno esistere le parti. Di sicuro i genitori non sono “innocenti” come lo è Giovanni, ma nemmeno esiste un loro impegno pregresso a prendersi cura del bambino. Non devono nulla al bambino, anche se sarebbe bello che se ne prendessero cura. Insomma, la loro situazione su questo punto non è poi così diversa da quella di Giovanni. Inoltre resterebbe comunque escluso l’ aborto in seguito a violenza.

Altri ritengono invece che esista comunque una responsabilità genitoriale (non contrattuale) ben definita. Mi sembra francamente che si voglia risolvere il caso introducendo un dovere ad hoc. Anche questa disanalogia mi sembra poco pertinente.

Forse dobbiamo vedere più nel dettaglio la condizione di Giovanni: ammettiamo ora che per riguadagnare la sua vecchia vita Giovanni debba, prima di alzarsi dal letto, accoltellare ripetutamente il “famoso violinista”. In un caso del genere saremmo senz’ altro meno propensi a concludere che dopotutto il povero Giovanni ha il pieno diritto di agire in questi termini.

Quanto più l’ azione malvagia richiede un coinvolgimento diretto, tanto meno ci sembra lecita.

Chi è rapito con la forza ha il diritto alla fuga ma ha il diritto a sacrificare un ostaggio innocente rapito con lui?

Forse dipende cosa intendiamo per “sacrificare“: se Giovanni e Giuseppe vengono rapiti in coppia e a Giovanni viene promessa la liberazione qualora uccida a coltellate Giuseppe, probabilmente non esiste un diritto che consenta a Giovanni di procedere in questi termini mantenendosi nel giusto. Ma se ai due ostaggi viene detto che la loro fuga innescherà delle ritorsioni, questo non annulla del tutto il loro diritto morale a scappare qualora si presenti un’ occasione favorevole.

Torniamo al nostro caso. Per abortire bisogna uccidere il feto con un’ operazione complessa chiaramente mirata ad ottenere quell’ obbiettivo, anche se, ovviamente, si tratta di un obbiettivo intermedio meramente strumentale ad altri fini.

Giovanni, invece, provoca la morte del violinista semplicemente alzandosi dal letto e proseguendo la sua vita normale. E’ vero, deve staccare i cavi, ma la cosa viene descritta come un’ operazione talmente semplice da assomigliare più ad un’ omissione che ad un’ azione vera e propria. Tanto è vero che se nell’ esempio noi sostituiamo il semplice distacco dei cavi con le coltellate ripetute, il giudizio morale cambia anche se la sostanza degli eventi non cambia affatto.

La disanalogia fondamentale tra il caso del feto e quello del violinista consiste allora nel fatto che il primo viene ucciso, il secondo viene fatto (lasciato) morire.

Sembra cruciale la distinzione tra “uccidere” e “lasciar morire”, tra fare ed omettere. Un conto è quando noi facciamo il male, un conto è quando lasciamo che il male si compia.

Purtroppo una simile distinzione non è ben vista dalla Chiesa Cattolica che, per ragioni che qui tralascio, non fa una grande differenza tra peccati di omissione e peccati di azione. Per un libertario, invece, introdurre la distinzione fare/omettere (F/O) è la cosa più facile del mondo.

Se solo la Chiesa integrasse la TDE con la distinzione F/O rinforzerebbe la sua difesa razionale dei deboli. Purtroppo una simile distinzione introduce elementi di libertarismo che cozzano con la posizione presa in altri campi, per esempio quello attiguo dell’ eutanasia, dove la Chiesa non è disposta ad assolvere chi si limita ad omettere.

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4. Conclusioni

Una teoria razionale dell’ aborto deve rispondere a due domande: 1) quando inizia la vita del feto? 2) esiste per il feto un diritto alla vita?

Sul primo tema, la TC sembrerebbe prevalere sulla TDD, il che mi fa ritenere che la vita umana cominci dal concepimento.

Sul secondo tema, la TDE, opportunamente integrata dalla distinzione F/O, sembra superare l’ obiezione del “violinista” attribuendo al feto un pieno diritto alla vita.

In conclusione, vorrei solo dire che le regole etiche di cui ho discusso qui hanno natura deontologica, in quanto tali non penso abbiano valore assoluto. Detto in modo più esplicito, la spinosa questione della proporzionalità resta sempre rilevante: che diremmo di Giovanni se nell’ esempio del violinista avessimo postulato una “connessione” necessaria di 9 anni anziché di 9 mesi? E se postulassimo una connessione per tutta la vita? A quel punto molte conclusioni potrebbero mutare e forse anche l’ opzione delle “coltellate liberanti” diverrebbe plausibile.

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5. Bibliografia

I quattro testi che propongo sono tutti in inglese, purtroppo riscontro solo in quella tradizione di pensiero la volontà di affrontare direttamente i problemi filosofici senza dover necessariamente affiancarli al tipico contorno storico, sociologico e antropologico che appesantisce i testi disponibili in italiano, i quali a volte sembra abbiano l’ obbiettivo di allentare la concentrazione affinchè la sostanza evapori via non vista. Ebbene, quando l’ erudizione è compensata a dovere dalla chiarezza, il gioco vale la candela.

Phillipa Foot:  The Problem of Abortion and the Doctrine of the Double Effect

Francis Beckwith: Defending Life: A Moral and Legal Case Against Abortion Choice

David Boonin: A defence of abortion

Jeff McMahan: The Ethics of Killing: Problems at the Margins of Life

6. Illustrazioni

Nel 2008 l’ artista francese Alexandre Nicolas crea una serie di sculture, si tratta di feti molto particolari che per fortuna hanno visto la luce, almeno nel mondo fantastico dei comics. Titolo della collezione: predestinée. In ordine: l’ Uomo Ragno, Wonder Woman, l’ Incredibile Hulk, Superman e Catwoman.

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