La monetina nel cappello di Umberto D.

Sia il Vangelo che il Magistero della Chiesa sono chiari circa i doveri del buon cristiano verso i poveri, mi chiedo però se in queste faccende per il benefattore abbia senso fare dei distinguo e stabilire delle priorità. Molti sono orripilati al solo pensare una cosa del genere, l’ amore è cieco! Ma perché mai la carità non potrebbe essere oculata? I protestanti, per esempio, sembrano più propensi a privilegiare i poveri meritevoli di aiuto, forse dobbiamo imparare qualcosa da loro.

Mi sembra che il buon senso avvalli questo approccio.

Se un amico chiede il vostro aiuto penso sia naturale domandare: “perché hai bisogno di me?”. In questi casi, inutile far finta di niente, alcune risposte sono meglio di altre. Se per esempio l’ amico vi chiede di pagargli la cena potrebbe giustificarsi dicendo “sono al verde”, oppure “ho speso tutto nei giri di birra”. La prima risposta suona decisamente migliore. Se la vostra fidanzata non vi fa gli auguri e latita al vostro compleanno dire “avevo auto e telefono scassati” è meglio che dire “me lo sono dimenticato”. Se un collega stacca prima la sera chiedendo di coprirlo dire “ho l’ influenza” ha più chances che dire “devo assolutamente provare un nuovo videogioco”.

La differenza è chiara: nel primo caso l’ amico ha fatto di tutto per evitare l’ ingiunzione. Perché mai spendere tutto in birre quando si sa che si deve cenare? Perché mai non segnarsi sul calendario il giorno del compleanno? Perché mai non rinviare di qualche ora la prova del nuovissimo videogioco? Ammetto che farlo non è piacevole ma non è nemmeno impossibile.

Propongo di utilizzare il medesimo standard per distinguere i poveri meritevoli dai non meritevoli. I poveri meritevoli sarebbero allora coloro che hanno fatto  le mosse adeguate per scampare una triste condizione. Mosse adeguate del tipo: lavorare a tempo pieno accettando qualsiasi lavoro anche se sgradevole; spendere il proprio denaro per cibo, casa, famiglia e vestiti prima che per sigarette, telefonino e macchinette mangia soldi; tenere sotto controllo la propria vita sessuale quando è chiaro che non ci si puo’ permettere un figlio. Eccetera.

Perché mai dovrei accettare da uno sconosciuto delle scuse che non accetterei nemmeno da un amico?

Forse la cosa suona un po’ dura ma applicando questi criteri scopriamo una massa di poveri meritevoli che forse proprio il rifiuto a discriminare manteneva nell’ ombra. I lavoratori non specializzati del terzo mondo, per esempio, gli handicappati, i figli dei poveri non meritevoli. Eccetera.

D’ altro canto molta gente bisognosa ci appare ora, sempre secondo i criteri di cui sopra, poco meritevole di aiuto. Un adulto in salute che vive nei paesi avanzati non potrà mai essere considerato un soggetto da premiare. Ma vado oltre, poiché tutti sono stati “adulti in salute in una società ricca”, anche gli anziani poveri avrebbero potuto risparmiare di più così come i malati avrebbero potuto assicurarsi.

Di fronte a situazioni in cui direste a un amico o a un parente “te la sei cercata, adesso arrangiati” è ben difficile imporre come dovuto un aiuto verso perfetti sconosciuti.

Da queste brevi considerazioni iniziali emerge già una policy chiara: meno welfare e meno limiti all’ immigrazione. La libera immigrazione, infatti, sembra essere di gran lunga il mezzo più efficiente per mitigare la povertà nei paesi del terzo mondo.

Purtroppo le priorità delle nostre democrazie sembrano rovesciate, il welfare (distorto) impazza e l’ immigrato che lavora sodo è malvisto. Il politico navigato sa di guadagnare voti sia promettendo l’ aiutino a questa o quella categoria, sia rendendo la vita dura ai poveri meritevoli che si affollano “minacciosi” ai nostri confini.

Naturalmente quanto detto non ha ricadute solo sulle politiche governative ma anche sulla politica degli enti benefici e della filantropia.

umberto

Per isolare i poveri meritevoli bisogna però risolvere altri problemi imbarazzanti, cerco di spiegarmi con un esempio. Prendiamo una causa canonica di povertà: la mancanza di lavoro. Capisco che sia politicamente scorretto ma occorre accertare se si tratta di sventura o di pigrizia. In fondo essere senza lavoro è un po’ come essere senza fidanzata: se ti accontenti trovi, magari la trovi brutta, magari lo trovi in nero ma trovi.

Siamo al punto decisivo poiché questo dubbio torna anche per altri fattori. Prendiamo l’ alcolismo: l’ alcolismo è causa di povertà o è piuttosto la povertà che ti porta a bere?

Lo stesso enigma si pone per comportamenti quali l’ uso di droghe, il mettere al mondo bambini a sproposito, il restare single, il dedicarsi a crimini non remunerativi (guidare ubriachi, fare risse)… tutti comportamenti che tra i poveri abbondano divenendo patologie.

Cominciamo col chiederci perché mai un povero dovrebbe bere o drogarsi più di un ricco. Secondo logica l’ abuso di sostanze dovrebbe aumentare con il reddito, si tratta di vizi costosi in tutti i sensi, un ricco magari puo’ anche permetterseli ma un povero proprio no. Essere poveri è un ottimo motivo per lavorare duro, non bere, non drogarsi, sposarsi e controllare le nascite senza procreare a vanvera.

C’ è chi osserva che si tratta di mere consolazioni con cui il povero si trastulla. In questo senso i poveri sarebbero razionali: in mancanza di meglio facciamoci un goccio.

Ma questa spiegazione ha un inconveniente: in ultima analisi drogarsi peggiora la tua vita, anche quella già brutta del povero. Se costui fosse davvero un soggetto razionale se ne accorgerebbe prendendo le contromisure del caso. Essere poveri non è un buon motivo per drogarsi, di conseguenza tirare in ballo il refrain della “consolazione” è pretestuoso.

Fortunatamente è la scienza ad aiutarci nel risistemare i nessi di causalità, ci sono alcuni fattori caratteriali che sembrano la fonte sia delle patologie descritte che della povertà. Scarsa intelligenza, irrazionalità, mancanza di self control, bassa scrupolosità, bassa capacità di concentrazione, poca pazienza e via di questo passo. L’ alcolista non sa dominarsi quando ha la bottiglia sotto mano ma il suo self control è scarso in generale.

Qui non si tratta di “accusare le vittime” ma di mettere in dubbio lo status di molte presunte vittime. Vorrei comunque mitigare le accuse aggiungendo un altro paio di ragioni, la personalità del soggetto non è infatti l’ unica causa da tirare in ballo.

Anche la generosità dei nostri welfare incentiva comportamenti patologici. Peggiorare la propria condizione esplicita una richiesta. Comportarsi male in certi frangenti è il miglior modo per garantirsi senza contropartita l’ aiuto dello Stato.

Anche il numero cospicuo di coloro che non distinguono tra poveri meritevoli e poveri non meritevoli produce incentivi distorti. Comportarsi male in certi frangenti è il miglior modo per garantirsi senza contropartita l’ aiuto di chi ci sta intorno.

Infine accennerei all’ abbassamento di taluni standard morali. Dal moralismo siamo passati a una sorta di “trendismo” senza accorgerci degli inconvenienti prodotti dall’ effetto gregge: se un’ ereditiera come Paris Hilton si trascina sbevazzando pigramente da un party all’ altro poco male, anzi, in fondo si diverte, mica scema (sembra dire una vox populi riammodernata)! Ma se lo stesso vizietto lo contrae la madre di sei bambini che vive nel sobborgo, le cose cambiano. Se l’ attrice di Hollywood si sposa otto volte e disfa otto famiglie poco male, si vede che non andavano d’ accordo (sembra dire una vox populi riammodernata)! Ma se la stessa cosa la fa chi vive con i sussidi comunali ecco che gli orfanotrofi si riempiono e le coltellate domestiche volano.

Non voglio trasformarmi in moralista, non sto dicendo che certi comportamenti siano cattivi in sé. Non sto nemmeno dicendo che certi comportamenti siano cattivi per me. Sto solo dicendo che certi comportamenti sono causa di povertà e che in alcuni casi è lecito limitarsi a urlare: “smettetela di comportarvi male!”. Dopodiché ci si gira dall’ altra parte alla ricerca di un povero meritevole di soccorso.

So di aver scritto cose che qualcuno giudicherà odiose ma a costui vorrei chiedere: perché sei tanto mite verso chi adotta stili di vita irresponsabili mentre tuoni verso chi rifiuta loro un aiuto? Non è forse un’ etica perversa la tua? Se proprio si vuol condannare qualcuno lo si faccia in primo luogo con chi adotta comportamenti sbagliati e, al limite, solo dopo e in maniera più soft con chi tentenna nel concedere il suo aiuto a gente di tal fatta.

P.S. Ci sono posizioni forti e alternative a quella presentata?

Bè, sì. Anche se a me non convincono del tutto direi che ci sono eccome.

1. Il determinismo innanzitutto: uno è quello che è e non ci puo’ fare nulla. Parlare di meriti e colpe è un nonsense.

2. Aiutare è bello, lo si fa innanzitutto per sé e non per gli altri. In questo senso chi siano gli altri è indifferente e discriminarli diventa un nonsense.

3. Vivere in una società meritocratica è troppo stressante.

4. Profezie autorealizzanti: chi ha ricevuto il contrassegno non investirà mai su di sé, oltre alle proprie debolezze dovrebbe vincere anche gli stereotipi.

P.P.S. Il post rappresenta quanto mi è rimasto dentro dopo aver letto e ascoltato un dibattito tra Karl Smith, Charles Murray, Bryan Caplan, Bill Dikens e Tyler Cowen. Rappresenta anche l’ ossatura del mio prossimo intervento alla fraternità ciellina (qualora riceva il placet da Sara. La vedo dura).

P.P.P.S. Il titolo del post si deve ad un evento in qualche modo per me traumatico: la freddezza e gli aspri commenti di mia mamma verso la figura di Umberto D. Quella volta riuscì proprio a far scappare la poesia da uno dei miei film preferiti. Forse la donna di una certa età non ama l’ uomo accattone e lo esorcizza inconsapevolmente.

 

 

 

 

 

19 pensieri su “La monetina nel cappello di Umberto D.”

  1. tenere sotto controllo la propria vita sessuale quando è chiaro che non ci si puo’ permettere un figlio

    Mi sono fermato qui. Un’affermazione del genere è sufficiente a rendere poco credibile tutto il resto.

  2. Bene, vedo che trovi in linea con la virtù della prudenza mettere al mondo una decina di figli che si abbandoneranno. Vedo che trovi giusto farli vivere a lungo in orfanotrofio dopo averli fatti vivere brevemente sotto un ponte. Anzi, probabilmente consiglieresti la barbona del caso di procedere pure a sfornare l’ undicesimo figlio pur sapendo che fine farà. Ma sì, non mettere nessun freno alla tua vita sessuale, tanto poi ci sono mille rimedi: l’ aborto, la ruota, l’ orfanotrofio, o al limite rivendi il tutto, pagano bene; so che l’ hai già fatto e so che hai intenzione di farlo ancora, procedi pure. Naturalmente i consigli verranno elargiti dopo la severa predica di rito impartita a una coppia ben intenzionata di facoltosi omosessuali adottanti dal terzo mondo.

    Complimenti per la lungimiranza.

    A questo punto le cose sono due o il “Davide finto” esiste veramente o il “Davide vero” non ha capito quel che ha letto. Opto per la seconda ipotesi.

    Dicendo “controllare la propria sessualità” oppure “non potersi permettere” non sono entrato nel “merito” visto che l’ argomento era un altro. Tu invece ti sei inventato di sana pianta un “merito” specifico e ti sei indignato. Insomma, hai fatto tutto da solo impaurendoti con la tua stessa ombra.

  3. Il fatto è che con una sparata come quella che hai fatto (e sulla quale poi insisti nel seguito, e peggiori le cose nella risposta) ti giochi la credibilità anche sul resto. Troppo comodo poi dire “non stavo parlando di quello”.

    Constato che tu credi alle favolette della propaganda planned parenthood (“una decina di figli che si abbandoneranno”…). A chi ti riferisci? Conosci qualche parte del mondo in cui questo accade?

    Dalle nostre parti, casomai non lo sapessi, il problema è esattamente l’opposto. Non si fanno figli, c’è un tasso di natalità negativo, perché non si è certi di potersi permettere di comprargli il vestitino Moschino.

    Quanto alla vita sessuale dei “barboni” del terzo mondo, credo che costoro abbiano in mente tutt’altro che il sesso, e dei tuoi consigli non abbiano proprio bisogno.

    L’idea dei figli come bene di lusso per ricchi è repellente e disgustosa. E’ ovvio che la genitorialità deve essere responsabile. Ma non è tra ricchi e poveri la soglia della responsabilità. Paragonare il povero che si fa una famiglia al pazzo che guida ubriaco è inaccettabile.

    (Alla coppia dei facoltosi omosessuali non avrei proprio nulla da dire. La loro scelta comporta automaticamente la non prolificità, e pretendere di andare doppiamente contro le leggi naturali procurandosi i figli sul mercato dei morti di fame non merita nemmeno risposta. Ma anche qui, come sopra, la propaganda di certe organizzazioni lava potentemente i cervelli.)

  4. In quest’ ultimo commento, secondo me, proponi argomenti che c’ entrano ben poco col punto in discussione (planned parenthood? calo demografico?).

    Nel post, tanto per ripetermi, accennavo di sfuggita che avere una vita sessuale ordinata è buona cosa e in questo senso un certo autocontrollo è auspicabile. Il povero che esercita tale autocontrollo è più meritevole del povero che non lo esercita.

    Ci si deve iscrivere a PP per sostenere una cosa del genere? No, infatti il Papa non mi risulta tra gli iscritti.

    Non ho fatto esempi ma non avrei problemi a farne. Per esempio, trovo più meritevole il povero che ha figli solo all’ interno di una famiglia per cui si sacrifica e a cui si sente legato da un vincolo di fedeltà rispetto al povero puttaniere che dissemina figli ovunque disinteressandosene.  

    Se si è capito quanto detto, allora c’ è solo un’ obiezione coerente, quella di chi dice “no, il piacere è un diritto di tutti e una vita sessuale sfrenata rientra tra i piaceri legittimi dell’ uomo”.

    Stai forse dicendo questo?

    Sì? Curioso, non mi resta che prendere atto.

    No? Allora la tua obiezione è fuori luogo. Puoi proseguire con la lettura.

    P.S. Nel post non entro nello specifico su quali siano i comportamenti “meritori” in tema di sessualità. Noi cristiani abbiamo le nostre idee, gli atei ne hanno altre. Il fatto è che non sto parlando di quel tema specifico, sto solo sottolineando che in tema di vita sessuale CI SONO comportamenti meritori (legati all’ autocontrollo) e comportamenti sbagliati. Solo l’ apologeta della sfrenatezza puo’ negare un distinguo del genere.

    P.S.S. Così come ci sono errori, c’ è anche la possibilità di rimediare. Ora, è ovvio che, A PARITA’ di tutto il resto, chi ha più mezzi (il ricco) ha anche accesso a rimedi migliori, negarlo è da ipocriti. In questo senso per il povero è ancora più importante (almeno dal punto di vista materiale) non bere, procurarsi un lavoro e tenerselo stretto, non fare risse, non delinquere… e anche, per esempio, mantenere ordinata la propria vita sessuale restando fedele alla moglie e alla famiglia. Detto questo, qui si parla di poveri meritevoli e non meritevoli non perché non esistano anche i ricchi meritevoli e non meritevoli ma per il semplice fatto che non abbiamo il problema di quale ricco aiutare con la nostra elemosina.

    1. Precisazioni preziose. Molto diverso dall’idea originale che il povero debba praticare l’astensione perché non può permettersi di mantenere i figli. Eppure stride l’idea che il povero debba rigare dritto in quanto povero, e non in quanto ciò è giusto. Planned parenthood propugna l’idea che i troppi figli siano il problema del terzo mondo. Il tuo scritto mi pareva sulla stessa linea.

      In fondo, invece, stai dicendo che dobbiamo giudicare la moralità dei poveri e sovvenzionarli in base al loro allineamento con la nostra. Molto “protestante” come approccio, ma così è comunque più accettabile.

  5. Strano equivoco, comunque, visto che non ho mai parlato di “mantenimento economico”.

    Strano equivoco anche alla luce delle discussioni pregresse (per esempio questa): se c’ è uno “spericolato” nel sostenere che una vita in più è sempre la benvenuta, quello sono io.

    Un’ ultima cosa: la vita sessuale ordinata e i valori familiari qui non m’ interessano tanto come precetti etici quanto come cause di povertà. I figli nati fuori dal matrimonio e le famiglie in disfacimento sono piaghe sociali che diffondono povertà. Oggi più che mai.

    1. Certo, so benissimo che queste tue affermazioni erano incoerenti con il tuo pensiero sul tema. Il che dimostra quanto perigliose siano certe chine.

  6. L’ errore fondamentale sta nel ritenere che io ti abbia risposto con un “non stavo parlando di quello”.

    Il fatto è che io “non stavo parlando di niente” , nel merito.

    Le specificazioni le hai fatte solo tu attingendo alla fantasia.

    Tant’ è che accennando al dovere di “controllare la propria attività sessuale” non ho specificato modi, tempi, pericoli, eccetera.

    A questo punto per il povero è diventato “pericoloso avere un figlio tout court viste le condizioni economiche in cui versa”, e quindi dovrebbe astenersi.

    Cosa mai detta e nemmeno mai pensata, fanno fede le discussioni precedenti.

    Serve l’ analogia?

    Se una gabbia ospita un micino e una pantera, è legittima l’ avvertenza: “attenzione, non entrate, ci sono bestie feroci”. Inutile che tu venga a puntualizzare indignato che il micino è tutt’ altro che feroce. Chi dà l’ avvertenza non ha mai pensato niente del genere. Che senso avrebbe? Diverso se tu avessi detto che né il micino né la pantera sono bestie feroci. Si puo’ non essere d’ accordo ma per lo meno il discorso filerebbe. Non a caso mi sono inventato un “Davide” paradossale che sosteneva proprio quello.

  7. Direi che se sgombriamo dal campo il fatto di considerare il numero di figli come indicatore di demerito, abbiamo risolto il problema. Semmai potremmo valutare come questi figli vengono cresciuti e trattati. Purtroppo però anche in questo attribuire “colpe” e responsabilità è tutt’altro che semplice. Per fortuna, spesso si vedono rose fiorire in mezzo ai liquami. E’ tutt’altro che automatico stabilire che in certi ambienti cresceranno solo figli problematici.

    Concluderei quindi dicendo che sei stato troppo sbrigativo e semplificatorio. La realtà è molto più compessa di così.

  8. Secondo me sei tu che la fai facile, e per farla ancora più facile cerchi di attribuirmi parole mai dette.

    Nel chiedere al povero di “controllare la propria sessualità” non ho mai parlato di “numero di figli”.

    Uno puo’ procreare lo stesso identico numero di figli ma puo’ farlo dentro una famiglia stabile che si è sforzato di costruire oppure a casaccio in giro per il mondo mettendo su tante famiglie precarie.

    Come vedi ti ho fatto un esempio in cui il “numero dei figli” c’ entra come i cavoli a merenda essendo il medesimo nel primo come nel secondo caso.

    Il bello è che stiamo parlando del nulla visto che nel post ci si limitava ad affermare l’ esistenza di “meriti”. In questo senso l’ esempio si puo’ fare anche prendendo come benefattore un membro della PP, anche lui avrà la sua scala di valori. Insomma, non si stavano opponendo “meriti” diversi ma “aiuti” diversi: l’ aiuto ai “meritevoli” e l’ aiuto casuale.

    ***

    Attribuire colpe e responsabilità sarà anche semplificatorio ma se uno non vive sulla luna è costretto a farlo tutti i giorni e il Giudizio Divino è lì per rimediare ai nostri errori inevitabili.

    Sbrigativo e semplificatorio, piuttosto, è dire parlando dalla luna: “non giudico e aiuto tutti senza distinzione con la mia bacchetta magica”.

    Qui sulla terra le risorse sono limitate e la bacchetta magica non c’ è, di conseguenza non restano che due alternative: monetina (per non discriminare) o criteri razionali per stabilire meriti.

    Aiuto il povero buon padre di famiglia che ha fatto ogni sforzo per risollevarsi o il puttaniere che semina figli per il mondo abbandonandoli al loro destino? Monetina o criterio razionale? Tertium  non datur, se non vogliamo trasformare tutto in un gioco puerile.

  9. Solo sulla contestazione della mia contestazione.
    Tu ora dici:

    Nel chiedere al povero di “controllare la propria sessualità” non ho mai parlato di “numero di figli”.

    La frase sulla quale mi ero fermato è letteralmente:

    tenere sotto controllo la propria vita sessuale quando è chiaro che non ci si puo’ permettere un figlio

    Vedi la contraddizione?

  10. Direi di no.

    Il figlio che nessuno di noi si puo’ permettere (quello fatto a vanvera in giro per il mondo) va sostituito – grazie al controllo della propria sessualità – con quello che ci si puo’ permettere (quello fatto in una famiglia accogliente che si costruisce insieme lavorando sodo). E per i poveri questo vale ancora di più visto che non hanno nemmeno i mezzi per mettere quella che sarebbe comunque una piccola pezza a eventuali leggerezze.

    Tu anziché leggere “non potersi permettere” leggi indebitamente “non potersi permettere da un punto di vista economico”.

    E’ chiaro che se il “potersi permettere un figlio” dipendesse dalle condizioni economiche, allora un povero non “potrebbe mai permetterselo”. Ma così non è come si evince dalla serie di commenti.

    Se dico che non ti è permesso uccidere una persona non sto pensando al fatto che tu non abbia il denaro per assoldare un killer. Quello sarebbe solo un caso molto particolare, una specificazione che va oltre la semplice affermazione di partenza.

    Passando dai commenti al post e limitandoci alla coerenza di quello, resta comunque valido quanto affermato in precedenza:

    … stiamo comunque parlando del nulla visto che nel post ci si limitava ad affermare l’ esistenza di “meriti”. In questo senso l’ esempio si puo’ fare anche prendendo come benefattore un membro della PP, anche lui avrà la sua scala di valori. Insomma, non si stavano opponendo “meriti” diversi ma “aiuti” diversi: l’ aiuto ai “meritevoli” e l’ aiuto casuale…

    1. Così forse mi piace ancora meno. Insomma, tu ti ergi a giudice del “povero” (anche se poi mi vieni a dire che non stai parlando “da un punto di vista economico”) e misuri se meriti o meno un aiuto a tirare avanti (welfare) in base al fatto che sia stato in grado di costruirsi una famiglia accogliente per i figli. Tutto bene, salvo trovare i criteri per la misurazione della “famiglia accogliente”. Ti dirò, se vedo una ragazza “disgraziata”, magari single perché abbandonata dal suo “uomo”, che ha avuto il coraggio di tenersi un figlio anziché abortire, che almeno ci ha provato, per me merita molto più aiuto di quella che ha “controllato la sua sessualità” magari con pillole del giorno dopo o aborti a raffica. Questa sulla carta, secondo i tuoi criteri, sarà molto più “meritevole”.

      1. (Nota che sto parlando di casi concreti all’ordine del giorno, non di cose strampalate.)

  11. Ti dò ragione su molti punti, non credere.

    Però non posso nascondere un certo disagio e una cosa la devo dire, anzi, ribadire.

    Magari mi sbaglio, magari tu vuoi parlare d’ altro avendone tutto il diritto, eppure io ho sempre il dubbio che ci sia un equivoco di fondo sul tema del post. Per tentare ancora di chiarirlo segnalo a questi fini il passaggio chiave del tuo intervento precedente:

    … se incontro una ragazza disgraziata…

    Ho come l’ impressione che per te le parole importanti non siano tanto quelle da me isolate quanto quelle che seguono o precedono. Eppure è essenziale dire che, ai meri fini del post, il passaggio decisivo è proprio e solo quello da me riportato.

    Si potrebbe infatti pensare che tu dia particolare rilievo ai bisognosi che incontri e poiché gli incontri sono in buona parte casuali finisci per privilegiare l’ aiuto casuale su quello razionale.

    E questo sia detto tenendo sempre presente che i bisognosi non mancano, ci sono quelli che incontriamo ma anche quelli che non incontreremmo mai se non andiamo a scovarli.

    A parità di tutto il resto (energia spesa, sforzo profuso…) Tizio puo’ decidere di aiutare sulla base di criteri che lui ritiene ragionevoli mentre Caio concentra i suoi aiuti sui bisognosi che incontra occasionalmente. Entrambi producono lo stesso sforzo ma lo indirizzano diversamente.

    Ebbene, nel post cerco di difendere le ragioni di Tizio ma qui non mi costa niente dire che anche Caio ha le sue: vedi il punto 16 del post successivo sulle Crociate, oppure tutta le tematiche del “trolley problem” affrontato in una miriade di post (alcuni sono qui).

    “Ha senso discriminare poveri meritevoli e poveri non meritevoli?”. Questo il tema. Non “dove sta il merito?”.

    La seconda questione ci fa svoltare radicalmente dal post, anche per questo nel post mi sono mantenuto sul generico senza precisare; per esempio, cosa intendere per “controllo della propria sessualità”? In sé è un’ espressione talmente generica da essere perfettamente compatibile, come dimostrato, sia con l’ insegnamento del Papa che con il programma PP. Nei commenti, di fronte alle tue insinuazioni, sono stato al gioco cercando di mostrare che una simile genericità era compatibile anche con la mia posizione particolare ma il dilungarsi di questa difesa rischiava di far dimenticare che la discussione intrapresa ci aveva fatto cambiare completamente pagina rispetto ai temi trattati nel post.

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