La mia ragione

Forse non esiste un’ unica concezione di cosa debba intendersi per “ragione”, forse non esiste un senso univoco per il termine “ragionevole”. L’ inattesa vaghezza del concetto di Ragione a volte è causa di fraintendimenti prolungati. Per chiarire meglio l’ ambiguità di fondo prendo in esame una situazione ricorrente e per molti versi illuminante.

Ora, immaginate due persone perfettamente razionali poste di fronte al medesimo dilemma con il dovere di scegliere tra due comportamenti alternativi. C’ è chi si sorprende nel venire a sapere che questi due individui potrebbero prendere decisioni differenti: la razionalità è unica, come possono due decisioni differenti essere entrambe razionali?

In un certo senso anche un bambino comprende che una possibilità del genere esista ma chissà se tutti ne afferrano la portata. D’ altronde basterebbe considerare che un metodo è razionale quando è chiaro e distinto. Ora, come è mai possibile che lo stesso metodo (“chiaro e distinto”) applicato al medesimo problema (formulato in modo altrettanto chiaro e distinto) porti a conclusioni differenti?

decisor

L’ esigenza di precisare cosa debba intendersi per “decisione razionale” è diventata impellente dopo questa discussione. Ne approfitto allora per dare la mia versione dei fatti (e dei concetti).

Innanzitutto il decisore ha sempre delle preferenze, si tratta dei suoi gusti soggettivi.

In gelateria io scelgo il pistacchio e tu il cioccolato, questo mica significa che io sono razionale e tu no! Piuttosto, come amano esprimersi gli economisti, tutti e due “massimizziamo la nostra funzione di utilità”,  cio’ non toglie che la nostra funzione di utilità sia differente, e quindi anche i nostri comportamenti. Semmai, una persone è irrazionale quando agisce senza “massimizzare” la propria utilità.

E questa è la parte che capisce anche un bambino. Fermandoci qui tutto sarebbe banale.

Vediamo allora di rendere più interessante la faccenda introducendo le decisioni prese in condizioni d’ incertezza (sono il 90% delle decisioni che ci riguardano). Qui c’ è un fattore ulteriore da considerare; la decisione in condizioni d’ incertezza si compone infatti di tre elementi: preferenze, intuizioni e calcolo. I primi due sono elementi soggettivi, il terzo è oggettivo. Chi ha voglia di annoiare potrebbe ripetere la tiritera: la preferenza dipende dalla nostra natura, l’ intuizione dal nostro vissuto, il calcolo dalla nostra ragione. Ma lascio subito da parte le definizioni astratte e torno al mio esempio della gelateria. Riassumiamo:

1. Il gusto che sceglierò una volta posto di fronte al bancone della gelateria dipenderà ovviamente dalle mie preferenze (elemento soggettivo).

2. Ma – per amore di discussione e per introdurre l’ elemento aleatorio – poniamo che ci siano gusti che non conosco affatto e che mi vengono descritti a parole utilizzando un lessico vago ed evocativo (è molto difficile descrivere un gusto senza far riferimento ad altri gusti). Sulla base di queste astratte spiegazioni tenterò di intuire se il gelato oggetto della descrizione potrebbe essere di mio gradimento e quanto. Non ho altra via che l’ intuizione per assolvere a questo compito. Importante: poiché le intuizioni sono soggettive, le decisioni di due persone razionali con i medesimi gusti potrebbero anche essere diverse perché diverso potrebbe essere il loro modo di ridurre quelle parole vaghe in termini di sapore al palato!

3. Infine c’ è la parte oggettiva: il calcolo. Poniamo che esistano in merito degli studi ben fatti dai quali emerge, applicando un calcolo statistico rigoroso ad un database accurato, che individui con il mio profilo psicologico posti di fronte alla medesima scelta tendono ad affermare, a posteriori, che il loro gusto prediletto proposto dalla gelateria è il gusto X, dopo viene quello Y eccetera.

Ricapitolando: chi decide razionalmente tiene conto di preferenze personali a cui applica le proprie intuizioni per poi rettificare il tutto sulla base dei calcoli effettuati grazie ai dati oggettivi via via disponibili.

Da una realtà così descritta veniamo spinti a tre considerazioni fondamentali 1) poiché i dati oggettivi disponibili (studi) possono cumularsi nel tempo – vengono prodotti sempre nuovi studi – cosicché io sono chiamato a continue rettifiche nelle conclusioni; 2) poiché le preferenze divergono, l’ esito della decisione muterà a seconda delle preferenze del decisore; 3) quand’ anche le preferenze siano simili, varieranno le intuizioni, ovvero il punto di partenza di ogni decisione razionale in regime d’ incertezza, cio’ implica che anche con preferenze simili due decisori razionali in possesso dei medesimi dati oggettivi ma di esperienze differenti, potrebbero deliberare diversamente; 4) anche le esperienze si cumulano contribuendo a variare di continuo le conclusioni.

Ritengo che il punto 3) sia quello cruciale, e anche quello che si fatica di più a comprendere. Nel gergo “bayesiano” viene sintetizzato con l’ espressione “i decisori possiedono “a-priori” differenti”.

E’ per questo che quando si discute dello studio X o dello studio Y è sempre sottointeso che stiamo discutendo “al margine”. Ovvero, anche qualora lo studio sia valido e fondato su dati oggettivi inappuntabili, l’ interlocutore razionale è chiamato a “rettificare”, magari anche di poco, la propria opinione, mica a “cambiarla di segno” radicalmente. Tutto cio’ ha delle conseguenze perché dove l’ interlocutore si situerà nello spettro delle opinioni possibili su quel tema alla fine della discussione dipenderà unicamente da dove si trovava all’ inizio.

La bottom line potrebbe essere: tutte le discussioni serie si fanno sempre e solo al margine.

Proseguendo al discussione potremmo scoprire che – con alcune assunzioni intorno alla buona fede e alla stima reciproca – due interlocutori razionali, pur potendo attestarsi su posizioni differenti, sono “condannati” a raggiungere un accordo completo su qualsiasi questione (e non parlo di un accordo che abbia per oggetto il loro disaccordo).

***

Pensierino finale: la razionalità che ho descritto qui sopra in modo semplicistico è la razionalità bayesiana (ovvero la razionalità scientifica applicata alle scelte incerte). Per una descrizione più rigorosa ma pur sempre intuitiva si puo’ seguire questo link. Chi invece è interessato alla radice soggettivista nel calcolo delle probabilità puo’ seguire quest’ altro link

ADD: https://fahreunblog.wordpress.com/2014/10/07/siamo-davvero-tanto-stupidi/

3 pensieri su “La mia ragione”

  1. vorrei capire bene. Lo dico con parole mie, Il punto 3 significa che se entrambi preferiamo il pistacchio (puta caso) e ci troviamo di fronte al gusto puffomarziano di colore verde un soggetto potrebbe sceglierlo perchè la sua intuizione gli dice che il colore simile potrebbe nascondere tra gli ingredienti anche il pistacchio e l’altro non sceglierlo perchè il gelato puffo normale contiene anice e quindi presume, intuisce che se il nome è quasi simile ci potrebbe essere quell’ingrediente?
    Non so se mi sono capita con l’esempio pratico

  2. Direi proprio che il tuo esempio coglie nel segno. Le vie dell’ intuizione sono infinite.

    Naturalmente l’ esperienza conta e c’ è da presupporre che l’ intuizione di un esperto sia più perspicace rispetto a quella di un profano. Se uno produce gelati da sempre e si trova di fronte al misterioso “puffomarziano” riuscirà, molto probabilmente, a cogliere più segnali per capire con migliore approssimazione di cosa si tratta e del suo gusto al palato.

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