La scuola del paradiso

Siete sicuri che la scuola serva a trasmettere competenze? O a formare “capitale umano” come va di moda dire?

Di seguito alcune domande che instillano qualche dubbio.

Perché nelle aule universitarie dove si tengono prestigiose lezioni, pur essendo l’ accesso praticamente libero, entrano solo gli iscritti intenzionati a dare l’ esame finale?

Perché ci si preoccupa tanto quando appena prima dell’ esame emerge una nostra lacuna mentre, ad anni di distanza, ci è abbastanza indifferente constatare che ci siamo dimenticati alcune nozioni apprese a suo tempo sui banchi?

Perché se l’ “istruzione è un investimento fantastico” gli studenti non finanziano i propri studi attraverso mutui privati?

Perché l’ affaire Giannino non è emerso prima? Perchè nessuno si è accorto che non era laureato? Giannino non millantava lauree estranee alla sua attività. Non millantava titoli per attirare qualche vecchietta sprovveduta (come fanno certi falsi dentisti): millantava titoli inerenti alla sua opera quotidiana che svolgeva in pubblico e fianco a fianco con esperti riconosciuti del settore. Millantava la forma esibendo la sostanza.

Come vi spiegate il caso di Donnarumma, ovvero il caso di un giovanotto miliardario che rinuncia a dare la maturità e viene criticato nonostante chiunque riconosca quell’ esame come inutile nel suo caso?

 

Perché molte delle nostre conoscenze ci derivano dall’ ambiente in cui abbiamo studiato? Togliete dal valore degli studi quello delle relazioni a cui vi fanno accedere e valutate pure quel che resta.

Perché paghiamo volentieri per chiudere un buon affare ma troviamo seccante far fronte alla retta scolastico-universitaria?

Perché gli insegnanti prendono laboriose contromisure per ostacolare la copiatura dei compiti mentre la cosa non sembra preoccupare molto gli interessati (che anzi si dedicano in modo massiccio a questa attività appena se la possono permettere)?

Perché lo studente che non copia è considerato “onesto” anziché un semplice “egoista” impegnato a coltivare il proprio orticello?

Perché se si propone di valutare gli insegnanti diversificandone gli stipendi si assiste a un’ unanime levata di scudi? In teoria i migliori dovrebbero essere favorevoli e i peggiori contrari. Di unanime c’ è solo l’ avversione al rischio e una reazione tanto compatta si spiega solo se la valutazione è vissuta come una lotteria. Non è che forse è davvero così?

Perché le imprese preferiscono assumere un lavoratore competente anziché uno incompetente? In fondo potrebbero optare per il secondo pagandolo meno. Sembrerebbe che le discriminazioni sulla base delle capacità deprimano la squadra già in organico, diversamente da quelle sul titolo di studio. La cosa non vi sollecita forse interrogativi circa la reale funzione del titolo di studio?

Preferireste buttarvi nel mondo del lavoro con una laurea 110/110 alla Bocconi avendo una preparazione da 90/110 a Urbino oppure con una laurea 90/110 conseguita a Urbino avendo una preparazione da 110/110 alla Bocconi?

Perché i genitori preferiscono mandare i loro figli nelle scuole dove vanno “i migliori” anziché nelle scuole “migliori?

Perché se possiamo prendere 30 (o 9) studiando meno finisce sempre che studiamo meno?

Perché dire che bisognerebbe investire sulla scuola scatena regolarmente l’ applauso anche di coloro che, una volta interrogati, dimostrano di non avere alcuna idea di quanto si stia già investendo?

Perché quando ci comunicano che c’ è un’ “ora buca” reagiamo con sollievo se non con felicità?

Quante nozioni apprese nel corso degli studi utilizzate regolarmente oggi?

Perché tra lo scetticismo degli psicologi si sottolinea tanto spesso che la scuola “insegna a pensare”, oppure, come variante, che la scuola non deve “riempire” le teste ma “costruirle”?

E adesso una teoria dell’istruzione che ci toglie in un sol colpo dall’imbarazzo di tutte queste domande.

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L’eleganza dell’uccello del paradiso è ben nota ma forse giova rinfrescarsi la memoria con questa immagine:

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La fluente coda dei maschi desta ammirazione in molti, specie nelle femmine.

Non che manchino inconvenienti: una coda tanto ingombrante ostacola i movimenti nel bosco e rende più vulnerabili ai predatori.

Ma forse è proprio questo che attira l’attenzione delle femmine: quanto più la coda è lunga, tanto più chi la porta “se la puo’ permettere”.

Avere una coda imponente segnala intelligenza e prestanza fisica, in caso contrario il “magnifico esemplare” ammirato dalle femmine sarebbe da tempo un “caro estinto”. Guarda caso intelligenza e fisico d’acciaio è proprio cio’ che ogni mamma desidera per i suoi figli.

In passato, al fine di contenere il numero delle vittime, c’è chi ha proposto un taglio della coda ma i soggetti più “dotati” si sono opposti: i vantaggi che traevano dalla lussureggiante appendice nel rapporto con l’altro sesso erano per loro irrinunciabili. Oltretutto, intelligenza e abilità li scudavano dai rischi estremi.

Ma un bel giorno venne avanzata la proposta di dimezzare la coda a tutti i maschi. L’uovo di colombo: i rischi sarebbero diminuiti per tutti e il valore segnaletico della coda sarebbe rimasto intatto, nessuno si sarebbe mai potuto lamentare.

Tra l’entusiasmo generale la proposta venne approvata e vissero tutti felici e contenti.

La storiella potrebbe fornire un’analogia con il nostro sistema educativo.

Gli uccelli del paradiso maschi sono gli studenti.

Gli uccelli del paradiso femmine sono i datori di lavoro.

La coda sono gli anni di studio.

La forbice è la severità nei test di ammissione.

Il “felici e contenti” del finale rappresenta il risparmio di risorse ottenute a costo zero, un risparmio da  restituire ai legittimi proprietari o da usare per una buona causa alternativa.

Problema numero uno: ma la scuola ha solo un valore segnaletico? Forse no ma, negli studi superiori, ormai il valore segnaletico è preponderante, quindi l’analogia, almeno nella sostanza, tiene.

Problema numero due: parlare di scuola non è un po’ generico? Ok, diciamo che l’analogia è ben costruita se riferita agli studi superiori.

 

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