How Trigger Warnings Are Hurting Mental Health on Campus Greg Lukianoff and Jonathan Haidt
Jonathan Hiadt e i bamboccioni del trigger warning
- Il problema trattato è quello delle università e della sensibilità esasperata al linguaggio che può turbare e quindi violentare.
- Un esempio di “microaggressione”, tanto per farsi un’idea del punto in cui siamo arrivati: chiedere “dove sei nato” a un asiatico o a un latino.
- Trigger warning: il dovere dei prof. di avvisare che alcuni contenuti della sua lezione potrebbero turbare alcuni studenti riacutizzando traumi pregressi.
- Obiettivo del Politically Correct: cambiare la cultura combattendo l‘eurocentrismo. Obiettivi del TW: salvaguardare i sensibili, fare del college un’area protetta. Presunzione: i ragazzi sono maledettamente fragili.
- Insegnare certe materie è diventato difficile quanto insegnare la chirurgia a chi sviene alla vista del sangue…
- Questo trend limita la libera espressione. Ma qual è l’effetto sugli studenti “protetti”?
- Il pensiero critico è considerato un valore ma comporta anche disagio e malessere perché attacca le nostre certezze. Ebbene, l’ondata “protezionista” sembrerebbe in controtendenza riproponendo un pensiero dogmatico al fine di non turbare.
- Ecco allora un paradosso: per molti psicologi proprio il pensiero dogmatico è stato in passato fonte di ansia.
- Il PC è nato anche come forma di salvaguardia anti-discriminatoria ed finito come salvaguardia da tutto.
- La stessa infanzia è oggi molto più preservata rispetto ad epoche passate. E questo nonostante i nostri bimbi vivano in un ambiente molto più sicuro.
- A scuola le campagne anti-bulli e sulla sicurezza lancia un messaggio chiaro: l’adulto ti protegge da tutto.
- Ma per quanto proteggiamo i nostri figli nel mondo della scuola e dell’università, poi, ad un certo punto, la realtà si presenta a loro per quello che è. Un particolare da non dimenticare.
- In politica cresce la polarizzazione e l’altro è un mostro da cui proteggersi. Non sorprende che chi sbarca all’università cerchi questa specie di immunità…
- Circolo vizioso: il moralismo isola il gruppo e l’isolamento azzera il pensiero critico favorendo il moralismo.
- Ansietà. Sembra certo che l’ansietà e altri disturbi mentali ed emotivi siano aumentati notevolmente presso gli studenti. E questo in epoca di iper-protezione.
- Premessa: il mondo è sempre “pensato”. Pensalo bene e vivrai bene. Terapia cognitiva: nomina il bias cognitivo (la distorsione di pensiero che ti fa stare male), correggiti e starai meglio.
- Disordini mentali più diffusi: 1) mind reading: so già quel che pensi e pensi male di me. 2) catastrofismo: con questo andazzo finiremo male, bisogna cambiare. 3) Marchiare: condannare una perona o un gruppo per una cosa fatta. 4) Generalizzare 5) Pensiero dicotomico che divide buoni e cattivi 6) Ricerca del capro espiatorio.
- La terapia cognitiva non è altro che un pensiero critico: attieniti alla realtà e non alle emozioni.
- Ragionamento emotivo: lasciare che le emozioni guidino il nostro ragionamento. Nei campus il RE detta le regole ma non è sempre affidabile, tutt’altro.
- Nessuno deve sentirsi offeso. Ecco il principio che domina nei college. Sentirsi offesi diventa la formula chiave per strappare una tutela, un privilegio, è ormai una forma di potere. Sentirsi offesi è l’evidenza che siamo di fronte ad un’offesa.
- Le università stanno educando i ragazzi ad un mondo iper-conflittuale. Sentirci offesi ci dà il diritto di innescare un conflitto…
- La psicologia ci dice che questo trend è dannoso per i nostri ragazzi: se vuoi che la fobia per X ti duri in eterno devi evitare X. Se vuoi guarire devi affrontare X di petto (exposure therapy)…
- Riattivare le memorie di un trauma è un bene non un male, e farlo in classe significa farlo in un ambiente protetto. Nulla di più adatto, quindi.
- Ma la pratica TW è dannosa anche per chi non è direttamente coinvolto nella rievocazione di un trauma: mi abituo a considerare tutto un pericolo potenziale, anche quando non è affatto così. Da qui la grande avversione al rischio che fa stagnare le nostra società.
- Inoltre: la via migliore x evitare problemi è non insegnare le materie problematiche. Ma a che prezzo?
- Meglio allora insegnare ai nostri ragazzi a mettere in questione la loro iper-sensibilità.
- La retorica iper-protettiva indulge alla “catastrofe“.
- Invece, sono le università stesse a mostrare ipersensibilità al linguaggio. Molte cause sono intentate a chi usa certe parole…
- Bias tipico: negative filtering: concentrarsi solo sul negativo e pensare che esista solo quello.
- Puritanesimo e omogeneità intellettuale: un rischio x la diversità…
- La saggezza tradizionale qui aiuta: in alcuni casi è assurdo trasformare il mondo, bisogna trasformare se stessi...
- Soluzioni: 1) tornare ad una ragionevole definizione di aggressione 2) facilitare le terapie cognitive per studenti iper sensibili…
- Postilla sui social e Facebook in particolare: l’isolamento che realizzano ci rende più sensibili.
continua
3 pensieri su “Jonathea Haidt e i bamboccioni del trigger warning”